Ho cercato di trascrivere al meglio la registrazione audio integrale dell’intervento di Raffaella Di Marzio nel corso del 12° Congresso Internazionale SIPR (Società Italiana di Psicologia della Religione):
“L'Io, L'Altro, Dio: Religiosità e Narcisismo” organizzato a Verona il 20-21 novembre 2010.
http://www.psicologiadellareligione.it/sipr/modules/mydownloads/singlefile.php?lid=227Se ho ben compreso, gli atti integrali del Convegno saranno disponibili nei prossimi mesi presso la SIPR.
http://www.psicologiadellareligione.it/sipr/Per l’originalità, l’importanza e l’attinenza di questo ennesimo contributo scientifico di Raffaella Di Marzio, e per l’emergenza che riguarda la discussione in corso in Italia sui gruppi anti-sette e sulle conseguenze del loro operato anche nella vicenda arkeon, ho scelto di riportare il testo in corsivo.
E’ inteso, naturalmente, che sia l’audio che il testo della sbobinatura, sono di proprietà riservata della Dott.ssa Di Marzio e della SPRS, che ringrazio sentitamente.
Pietro Bono
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“Organizzazioni settarie e antisettarie: strutture e dinamiche similari in contesti antagonisti”
http://raffaelladimarzio.blogspot.com/2010/11/narcisismo-settarismo-e-antisettarismo.htmlSettarismo e antisettarismo -
prima parteRaffaella Di MarzioIniziamo subito perché abbiamo cinque relazioni.
Intanto il titolo di questa sessione è: “Carisma e dipendenza in alcuni contesti relazionali”.
Abbiamo diverse relazioni che presentano dinamismi sociali ed individuali all’interno di diversi contesti dove il carisma e la dipendenza si manifestano con delle strutture molto simili, diversificate soltanto perché le persone sono diverse e i gruppi sono diversi.
Per cui il tema è “carisma e dipendenza”. Le applicazioni sono in diversi contesti.
La prima applicazione riguarda, come potete vedere dal titolo della mia relazione: “Organizzazioni settarie e anti-settarie. Strutture e dinamiche similari in contesti antagonisti”.
Essendo io la moderatrice, mi devo auto-presentare.
Mi chiamo Raffaella Di Marzio. Faccio parte del direttivo della SIPR da ormai da diversi anni. Sono laureata in psicologia, sono psicologa e sono anche insegnante di religione da oramai oltre venticinque anni, e all’interno della mia attività di insegnante mi sono trovata ad occuparmi di dinamismi settari all’interno e all’esterno del mondo cattolico, per cui ho approfondito questo settore di studi.
Oggi, diciamo oggi, negli ultimi tempi, mi sto interessando anche allo studio delle organizzazioni che sono finalizzate a “combattere le sette”, ed è oggi di questo che vorrei parlare.
Allora, come potete vedere, siccome questa relazione potrebbe essere molto lunga, ho sintetizzato moltissimo la prima parte cominciando quindi dall’introduzione di cui ho bisogno per chiarire il mio punto di vista.
Allora, le caratteristiche presenti negli atteggiamenti sociali di resistenza a gruppi religioso-spirituali minoritari, chiamati di solito “sette”, da parte di gruppi antagonisti attivi all’interno del sistema sociale maggioritario e dominante, sono stati già studiati dalle scienze sociali.
L’antagonismo a cui ci si riferisce in questo caso, è in larga misura la conseguenza di differenti credenze e norme di comportamento tra gruppi religiosi minoritari e cultura dominante.
Questa differenza, con una certa probabilità, può causare dei conflitti tra gruppi sociali, anche se non sempre questo avviene.
Il conflitto si verifica quando…dipende da quali fattori sono presenti e da come questi fattori si manifestano. Intanto dipende molto dal tipo di devianza del gruppo minoritario a cui ci si riferisce. Dipende dalla modalità con cui il conflitto tra la setta - gruppo minoritario viene gestito da altri gruppi sociali, e dipende anche moltissimo, e di questo ne abbiamo esperienza, dal ruolo che svolgono i mass media.
Anche lo studio quindi empirico della resistenza ai culti, è stato già oggetto delle scienze sociali e generalmente gli studi hanno concluso che, quando si studia l’ostilità nei confronti delle sette, si studia in realtà anche l’ostilità generale verso qualsiasi gruppo sia percepito come deviante; quindi gli studi sulle libertà civili, gli studi sulla guerra a determinati gruppi minoritari, presentano gli stessi risultati degli studi specificamente rivolti alla resistenza ai culti.
Generalmente gli studi empirici concordano con questa idea: quanto più le persone sono colte, hanno un certo livello culturale, tanto meno sono portate a combattere i gruppi devianti. Quindi di solito la cultura è correlata con un rispetto della devianza, della diversità.
E questo è il secondo elemento che non posso approfondire comunque.
Il terzo: attivismo anti-sette e conseguenze sociali.
Le conseguenze dell’azione dei movimenti anti-sette all’interno del sistema sociale, sono già conosciute in ambito scientifico. Oltre ad essere stati oggetto di ricerche negli Stati Uniti, negli anni 70-80, alcuni di questi gruppi si sono anche fatti conoscere - dico dei gruppi anti-sette - per la loro azione violenta contro gruppi minoritari e anche per alcune pratiche, molto discutibili, che si verificavano al loro interno, per esempio la cosiddetta “de-programmazione” che consisteva, diciamo così, nel cercare di riportare un adepto alla sua situazione precedente attraverso un’azione violenta e di convincimento non rispettoso, però, della sua libertà e delle sue scelte, comunque, libere , a meno che ci sia prova contraria.
Non posso approfondire neanche questo quindi dobbiamo andare avanti.
Allora, i gruppi anti-sette quindi sono i gruppi finalizzati che si costituiscono e esistono con, diciamo così, l’obiettivo primario di combattere ed eliminare, se possibile, tutti i gruppi religiosi, psedo-religiosi, percepiti come sette.
Da chi sono costituiti?
Allora, le caratteristiche principali le vedete qui.
Generalmente sono costituiti da parenti e/o amici, di persone che sono affiliate, preoccupate perché i loro cari, a loro dire, sono finiti dentro un gruppo “pericoloso”. Quindi sono costituiti da questo tipo di persone.
All’interno di questi gruppi, si registra una forte coesione e anche una grandissima difficoltà di accettare posizioni diverse dalle proprie e di valutare quindi l’eventuale gruppo pericoloso che si vuole combattere, tenendo conto di fonti diverse da quelle che vengono utilizzate.
Un altro elemento fondamentale di questi gruppi è la dedizione totale verso quella che viene percepita come una vera e propria missione. Una missione che è proprio quella di combattere e distruggere queste “sette” e non solo: liberare quelli che sarebbe prigionieri, spesso pilotando l’informazione o addirittura sollecitando la repressione, attraverso la sollecitazione appunto delle forze di polizia o delle istituzioni, chiedendo spesso, anche, la reintroduzione di leggi contro la “manipolazione mentale”, che sono già state considerate anti costituzionali e abolite nel 1981, almeno in Italia.
Quelle erano, diciamo così, le caratteristiche.
Queste invece sono, sinteticamente, le dinamiche principali all’interno di questi gruppi, che come voi vedete, per coloro che sono un po’, diciamo, addentro a queste questioni, ricalcano perfettamente le dinamiche che si verificano all’interno delle sette. Perché? Perché il “love bombing”, che noi sappiamo essere una tecnica utilizzata proprio per, tra virgolette, "accalappiare le persone", viene utilizzato all’interno anche di questi gruppi. Quando un ex adepto, o un parente preoccupato, si rivolge a questi gruppi, viene accolto sempre in un determinato modo. Quindi diciamo così, accolto e la sua versione accettata al cento per cento, è convinto che si trova nel posto giusto dove potrà ricevere aiuto.
Alcune volte, le persone che si presentano all’interno di questi gruppi che quindi sono in un momento di crisi, non sanno bene esattamente quale è il loro problema, vengono diretti a pensare che tutto ciò che è successo all’interno della setta, deve essere interpretato in un determinato modo: cioè la persona è stata manipolata mentalmente e quindi tutto ciò che di bene si è vissuto all’interno del gruppo, in realtà non aveva niente di buono perché in realtà si è trattato di una "manipolazione".
Le persone che accolgono in pieno questa forma di indottrinamento vengono "ri-socializzate", quindi si trasformano da adepti scontenti, o da adepti in difficoltà, in nemici del gruppo che hanno lasciato, proiettando - abbiamo sentito parlare questa mattina di narcisismo distruttivo e delle varie forme quindi che ci sono di proiezioni all’interno di questi gruppi… - proiettando quindi tutto ciò che rifiuta di se stesso e di ciò che ha fatto dentro il gruppo, all’esterno contro il gruppo stesso…
“Organizzazioni settarie e antisettarie: strutture e dinamiche similari in contesti antagonisti”
http://raffaelladimarzio.blogspot.com/2010/11/narcisismo-settarismo-e-antisettarismo.htmlSettarismo e antisettarismo -
seconda parteRaffaella Di Marzio…In questo contesto, come abbiamo sentito questa mattina per tutto ciò che riguarda il “narcisismo distruttivo”, la prima cosa che si verifica è una “disumanizzazione” dell’avversario. Per cui, se il gruppo di cui si è fatto parte, il leader, era amato, ed era esaltato, adesso questo amore, questa esaltazione, non solo diventa e può diventare aggressività, quindi diventa un’azione contraria, ma si arriva al punto da disumanizzare l’avversario, non considerarlo più neanche persona.
Ovviamente queste dinamiche che io vi sto indicando, sono dinamiche all’estremo di un continuum nel quale si va ovviamente dal bianco al nero e ci sono i grigi in mezzo. Quindi quello che io vi ho descritto è l’estremo, è la realizzazione peggiore che si può immaginare di un processo che ha dei livelli anche, diciamo così, più accettabili.
Ecco quindi è importante che teniate presente che stiamo parlando di un continuum e che io sto descrivendo delle situazioni estreme, che tuttavia esistono. E in particolare nel nostro paese non abbiamo un solo caso, abbiamo diversi casi di gruppi che si impegnano a questi livelli.
Ora, un elemento importante delle dinamiche di cui ho parlato è proprio la funzione del "leader" all’interno di questi gruppi. Quindi l’esito delle dinamiche di cui vi ho accennato prima, dipende anche dal modo in cui la leadership viene esercitata all’interno dei gruppi anti-sette dai vari ricercatori, facilitatori, consulenti, psicologi, criminologi che fungono da guida di questi gruppi e i cui atteggiamenti, analogamente a quanto avviene per i leader delle sette, fanno talora supporre la presenza di una personalità di tipo “narcisistico”.
Lo studio dei gruppi sociali ha messo in evidenza l’importanza del modo di esercitare la leadership all’interno del gruppo e quali sono i tre elementi che caratterizzano questa modalità. Tre elementi che sono in relazione tra loro.
Il primo elemento sono le caratteristiche di personalità del leader.
Il secondo elemento sono le caratteristiche di personalità dei membri.
Il terzo, il tipo di situazione nella quale, queste variabili, si manifestano.
Quindi tutti questi processi, questi dinamismi si verificano nella inter-relazione di questi fattori.
Per quanto riguarda le caratteristiche, alcune delle caratteristiche, che penso gli addetti ai lavori conoscano già, della personalità di tipo narcisistico, io ho riscontrato in particolare questi, in alcuni di questi leader di gruppi anti-sette:
- un quadro pervasivo di grandiosità che può essere percepito nella fantasia oppure messo in atto nel comportamento;
- un fortissimo bisogno di essere ammirati;
- la mancanza di empatia nei riguardi di coloro che si rivolgono a questi gruppi e che vengono quindi utilizzati - come fa tipicamente il “narcisista” - come oggetti che servono a soddisfare i propri bisogni.
Un altro elemento molto caratteristico è proprio l’atteggiamento arrogante e presuntuoso di chi non accetta di poter mettere in discussione ciò in cui crede, ciò di cui è convinto perché questo andrebbe ad intaccare l’immagine che ha di sé.
Ora, quali sono i vantaggi per un leader che ha queste caratteristiche, come leader di questi gruppi quindi?
Intanto, nella maggior parte dei casi si tratta di persone che non hanno delle grandissime capacità a livello culturale o personale o capacità empatiche o di comprendere l’altro. Quindi diciamo che nella società, nell’ambiente in cui vivono non hanno un grandissimo successo. Allora qui c’è la possibilità per loro di assumere un ruolo accettato e definito dal sistema sociale.
Questo ruolo è legato ad uno “status” elevato perché queste persone che accolgono le presunte vittime delle sette, alcune volte vere, altre volte presunte, effettivamente si sentono e vengono percepiti dagli altri come i “difensori”, coloro che sostengono le vittime, coloro che coraggiosamente combattono contro queste sette e quindi lo status che ne acquisiscono è notevole.
Questo consente a queste persone di soddisfare il bisogno narcisistico di visibilità e di riconoscimento grazie ai continui rinforzi che ottengono sia dai "gregari", cioè dalle persone che fanno parte del gruppo, sia dal sistema sociale, magari unendosi anche con altri gruppi, e anche, lo ripeto nuovamente, dai mass media che contribuiscono ad amplificare questi dinamismi.
Quali sono invece i vantaggi per i gregari?
Ecco ne ho elencato soltanto alcuni.
Chiaramente una persona che ha vissuto una esperienza traumatica e dolorosa all’interno di un gruppo dal quale è uscito altrettanto drammaticamente, ha bisogno di essere aiutato quindi c’è la soddisfazione di questo bisogno, di questo sostegno, hanno bisogno di sostegno e quindi, dopo la disaffiliazione traumatica, si sentono meglio, si sentono finalmente accolti. Trovano sollievo dalla condizione fortemente ansiogena tipica di tutti gli ex membri anche se non tutti gli ex membri vivono la medesima condizione ansiogena, e molte persone escono da questi gruppi religiosi minoritari senza portarsi dietro nessun rimpianto. A noi adesso queste persone interessano un pochino meno perché ciò che invece è oggetto di queste riflessioni è proprio il gruppo di coloro che escono dal gruppo e diventano ex-membri ostili. I quali beneficiano dell’atteggiamento consolatorio del leader, in questo caso.
Inoltre queste persone, all’interno del gruppo anti-sette, apprendono delle strategie di comportamento che sono finalizzate alla risoluzione dei problemi e dei conflitti generati dalla disaffiliazione: loro sono usciti da questo gruppo, hanno tantissimi problemi e in questo ambiente riescono a uscirne fuori, in qualche modo.
Si sentono, inoltre, confermati nella percezione che hanno di se stessi come “vittime” di qualcuno che li ha danneggiati (in questo caso della setta) e per queste persone, il fatto di essere “vittime”, diventa il loro ruolo.
Questo ruolo, a sua volta, accresce il loro “status”.
Se poi sono persone particolarmente portate per manifestare le loro emozioni, riescono anche a mostrarle attraverso i media. La qual cosa rinforza ulteriormente questo loro bisogno di essere vittime e di sentirsi tali. In questo modo riescono anche a scaricare quella carica di aggressività verso coloro che prima erano i loro amici, che sono quindi rimasti nella setta. Scaricarla con una modalità che è accettata dalla società.
Una cosa è scaricare la propria aggressività andando a prendere a pugni una persona che mi ha fatto del male. Questo non è accettato dalla società: ma in questo caso la mia azione aggressiva è accettata e riconosciuta - io posso dire quello che voglio, posso denunciare questi abusi - e vengo rinforzata dal sistema sociale "perché è giusto che io dica la verità" e quindi in questo io mi sento sempre più forte del mio “essere vittima”.
Così si riesce ad evitare anche di affrontare i problemi: i problemi relazionali che hanno portato la persona, prima ad entrare nella setta perchè doveva soddisfare un "bisogno di dipendenza" che magari l’ha reso succube di un leader senza scrupoli.
Adesso quel problema si ripropone nello stesso modo all’interno del gruppo anti-sette dove a sua volta diventa "strumento di un altro leader" per una motivazione opposta.
Di fatto però, come dico alla fine, la persona in questo modo non affronta mai quei conflitti interiori che hanno causato lo stato di soggezione prima e poi anche dopo, con le stesse modalità.
Nell’ultima parte mi sono riferita a questo testo di Fromm “Psicanalisi dell’amore” nel quale Fromm parte dal concetto di “narcisismo” di Freud, poi allarga molto il discorso anche a livello della società, e parla di “narcisismo sociale” che lui ha utilizzato per comprendere il nazionalismo, l’odio, le motivazioni psicologiche alla distruttività e alla guerra di cui abbiamo sentito parlare in una relazione plenaria, e lo ha applicato. In una piccola nota fa anche un cenno alle sette religiose dicendo che certe forte di narcisismo vanno a colpire questi piccoli gruppi marginali.
Cosa dice Fromm? Che il “narcisismo sociale”, da una parte, come si diceva questa mattina, è funzionale alla sopravvivenza della comunità, quindi è un aspetto positivo. Dall’altro è disfunzionale in quanto innesca un meccanismo che autoalimenta i comportamenti narcisistici individuali. Quindi la doppia modalità del narcisismo, di cui si parlava anche in una delle relazioni della plenaria.
Ora, il “narcisismo sociale” nei gruppi anti-sette.
Volendo tentare di applicare questo concetto ai gruppi di cui ci stiamo occupando - ora, la parola è un po’ forte, però ecco... la usiamo sempre con le dovute cautele - “la patologia”: patologia del narcisismo di gruppo.
Qual è una delle caratteristiche del narcisismo di gruppo patologico?
Il sintomo più evidente è la mancanza di obiettività e di giudizio razionale, che è una delle caratteristiche tipiche dei gruppi anti-sette, i quali, quando manifestano, propugnano delle idee, difficilmente si occupano di verificarne la realtà. L’importante è propugnarle e portarle avanti. Non è importante verificarne l’obiettività.
Quindi questa è una caratteristica che a mio avviso si può applicare.
Inoltre, per colpire il gruppo che viene percepito come antagonista, si mettono insieme - dice Fromm - "pagliuzze di verità", ma l’insieme che ne risulta consiste in falsità ed espedienti. Perché ciò che conta è “colpire non comprendere”.
Questa mancanza di obiettività porta a conseguenze disastrose e ne abbiamo alcuni esempi a livello sociale, che qui non posso approfondire.
La rivalsa del narcisista ferito si basa sul bisogno di curare la ferita narcisistica mediante “l’annientamento dell’offensore”.
E questo è un elemento che abbiamo visto mettere in atto da questi gruppi e non una sola volta.
L’azione diretta e aggressiva verso il gruppo che viene percepito come antagonista - in questo caso "la setta" - può assumere diverse forme ed esprimersi in un continuum, come ho detto prima, che va da un minimo ad un massimo di intensità. Comunque sia questo può generare un vero e proprio scontro tra diverse parti, che in alcuni casi arriva all’organizzazione di "gruppi di pressione" che si attivano per mettere in atto minacce, intimidazioni e alimentare comunque un clima di tensione sociale che quindi mira ad esacerbare la tensione sociale e non ad appianare i conflitti.
Concludendo. Come porsi, come è possibile porsi di fronte all’azione di questo tipo di gruppi?
Di fronte ad un fenomeno complesso come questo, io ritengo che lo psicologo debba innanzitutto assumere il suo ruolo di osservatore e di ricercatore, per verificare quali sono le cause reali del conflitto.
Queste cause vanno ricercate nei dinamismi individuali e sociali e non in etichette che non corrispondono alla realtà.
Qual è l’arma dello psicologo, dello studioso comunque?
L’unica arma possibile è il metodo scientifico.
E qui cito, per concludere, Fromm che dice:
“Il metodo scientifico esige obiettività e realismo. Esige di vedere il mondo com’è e non distorto dai propri desideri e timori. Esige umiltà verso i fatti della realtà e la rinuncia a tutte le speranze di onnipotenza e di onniscienza.
L’esigenza di pensiero critico, di sperimentazione e di prove, l’atteggiamento di dubbio sono le caratteristiche del travaglio scientifico e sono esattamente i modi mentali che tendono a neutralizzare l’orientamento narcisistico”.E con questo concludo.
Verona 20-21 Novembre 2010
Raffaella Di MarzioInteramente tratto da:http://raffaelladimarzio.blogspot.com/2010/11/narcisismo-settarismo-e-antisettarismo.htmlNota importante:I diritti, dell’audio e del testo sopra riportato, sono di esclusivo uso di Raffaella Di Marzio e della SIPR (Società Italiana di Psicologia della Religione).