LA VERITA’ SU ARKEON - Sentenza (definitiva) “arkeon” di primo grado a Bari: nessuna “psicosetta”

Nelle Motivazioni della Sentenza, alle pagine 896 e 897 si legge:
“l’esito di questo giudizio ha sconfessato la sussistenza della principale e più grave delle accuse, costituita dall’essere Arkeon una “psico-setta”, ha portato ad escludere la sussistenza di uno stato di incapacità di intendere e volere per i partecipanti a qualsiasi tipo di seminario e di tecniche manipolatorie della mente, nonché di violenze di ogni genere poste in essere nei confronti di minori. In questo giudizio non vi è stata contestazione di reati fiscali ed è emerso che i costi dei seminari erano fissi e noti ai partecipanti. Il processo ha portato ad escludere la sussistenza dell’aggravante dell’aver indotto nei partecipanti il timore di un pericolo immaginario, come cagione giustificativa degli esborsi economici, nonché di quella del danno di rilevante entità e da questo è conseguita la ritenuta improcedibilità dei reati di truffa, con riferimento ai quali non era stata sporta alcuna querela da parte delle vittime…”

Registrazione audio integrale della Relazione di Raffaella Di Marzio: ORGANIZZAZIONI SETTARIE E ANTISETTARIE: STRUTTURE E DINAMICHE SIMILARI IN CONTESTI ANTAGONISTI - 12° Congresso Internazionale della Società Italiana di Psicologia della Religione (SIPR): "L'IO, L'ALTRO, DIO: Religiosità e Narcisismo" - Testo registrazione

Le Confessioni del "mostro nello specchio". Arkeon, Le Associazioni Anti-sette e l'Ordine degli Psicologi: Un'esperienza personale

The Confessions of "the monster in the mirror". Arkeon, the Anti-cult Associations and the Order of Psychologists: a personal experience

Movimenti Antisette e Neutralità dello Stato - Un caso di studio: la FECRIS

Nella sua conclusione Willy Fautrè mette in evidenza come associazioni membri della FECRIS, nelle nazioni prese in considerazione dalla ricerca, mettano in atto azioni discutibili

Sette, antisette, "setta degli antisette", aiuto e altre riflessioni - Simonetta Po

Persecuzione e campagne anti-sette: intervista a Raffaella Di Marzio - di Camillo Maffia


lunedì 26 aprile 2010

Nostalgia

“… Non esiste nulla che più dell’amore occupi sulla superficie della vita umana più spazio, e non esiste nulla che più dell’amore sia sconosciuto e misterioso. Divergenza tra quello che si trova sulla superficie e quello che è il mistero dell’amore – ecco la fonte del dramma. La superficie dell’amore ha una sua corrente, corrente rapida, sfavillante, facile al mutamento. Caleidoscopio di onde e di situazioni così piene di fascino. Questa corrente diventa spesso tanto vorticosa da travolgere la gente, donne e uomini. Convinti che hanno toccato il settimo cielo dell’amore – non lo hanno sfiorato nemmeno. (…) Importante sarà quello che rimane quando l’ondata delle emozioni si ritirerà. (…)

La gente si lascia trascinare nell’amore come se fosse un assoluto, anche se mancano le misure dell’assoluto. La gente segue la propria illusione, senza cercare di innestare questo amore nell’Amore che ha quella misura.
Non hanno neanche il sospetto di questa necessità…
È una mancanza di umiltà verso quello che dovrebbe essere l’amore nella sua vera essenza.
Questo pericolo diminuisce se ne siamo coscienti. In caso contrario… l’amore cede sotto il peso della realtà quotidiana.
Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore. Certe volte invece no – l’amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione una esistenza e un amore – come farne un insieme che abbia senso?
Eppoi questo insieme non può mai essere chiuso in se stesso. Deve essere aperto perché da un lato deve influire sugli altri esseri. Dall’altro deve riflettere sempre l’Essere e l’Amore assoluto.
Deve rifletterli almeno in qualche modo.
È questo il senso ultimo della vostra esistenza!»

… L'orefice guardò la vera, la soppesò a lungo sul palmo e mi fissò negli occhi. E poi decifrò la data scritta dentro la fede. Mi guardò nuovamente negli occhi e la pose sulla bilancia... poi disse: "Questa fede non ha peso, la lancetta sta sempre sullo zero e non posso ricavarne nemmeno un milligrammo d'oro. Suo marito dev'essere vivo - in tal caso nessuna delle due fedi ha peso da sola -pesano solo tutte e due insieme. La mia bilancia d'orefice ha questa particolarità che non pesa il metallo in sè, ma tutto l'essere umano e il suo destino."
L’amore non è un’avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico. È il peso di tutto il tuo destino. Non può durare un solo momento.
L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore. Ecco perché si ritrova nella dimensione di Dio - solo Lui è Eternità. …

Karol Wojtyła

1960 - da “La Bottega dell’Orefice”

sabato 24 aprile 2010

Arkeon: perseguiti per reati o per la Fede? 24-4-2010

In questi giorni sono un po' inquieto.

Sarà forse l'effetto del digiuno che ho intrapreso da una decina di giorni.
O forse, questo malessere, è legato alle ultime vicende mediatiche relative ad arkeon.
"Chi l’ha visto?" Raitre - Puntata del 19-4-2010
1 - http://www.youtube.com/watch?v=CzxkH8naQ5g
2 - http://www.youtube.com/watch?v=qXTHZr-gtXI
3 - http://www.youtube.com/watch?v=OupkxzV0NCo

Così, ho riletto più volte le frasi di Davide. E anche le mie.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-risposta-davide-20-4-2010.html

Rileggendo tutto ciò stamani, mi è balenato d’improvviso in mente il titolo del bel articolo che il rabbino Alon Goshen-Gottstein, direttore del Elijah Interfaith Institute con sede a Gerusalemme, ha scritto per il “The Jerusalem Post”: “Siamo dei cattivi ascoltatori” 11/04/ 2010
http://www.fraticappucciniinsardegna.it/component/content/article/1-ultime/268-padre-raniero-cantalamessa.html
http://www.jpost.com/Opinion/Op-EdContributors/Article.aspx?id=172800

In questo articolo il rabbino tratta del contenuto dell’omelia del Venerdì Santo pronunciata da Padre Raniero Cantalamessa: “Abbiamo un grande Sommo Sacerdote”.
http://www.cantalamessa.org/it/predicheView.php?id=353

Scrive nel suo articolo Alon Goshen-Gottstein:
“…Guardiamo le notizie e rimaniamo ciechi davanti alle vere novità. I titoli a sensazione ci fanno perdere di vista ciò che è veramente degno di nota, nuovo e ispirante…”.

E’ vero.
Difatti anch’io, leggendo il commento di Davide, avevo trascurato molti aspetti.
E oggi è su uno di questi che vorrei ragionare, se possibile.

Scrive Davide:
“… togliamo anche la viltà e la bassezza con la quale sono state mostrate in pubblico immagini della confessione di un sacerdote che avrebbero potuto benissimo rientrare nel processo ma non diffuse in televisione a spregio della dignità di chiunque…”.

La cosa che oggi mi viene da dire a Davide è:
“No, per favore, non togliamo questo aspetto. Questo è il fulcro, il senso di tutto quanto sta accadendo. Se togliamo questo, non potremo mai comprendere”.

All’interno di tutto questo si celano infatti molti inganni.
Certo il montaggio, fatto di abili “taglia e cuci”, è stato effettuato da un sapiente regista. Che conosceva bene dove voleva arrivare. E ancor più come arrivarci.
Questa cosa si era già manifestata in modo evidente con gli articoli dell’Unità.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-bellu-e-bono-21-4-2010.html

Ma qui l’arte è stata molto più sopraffina. E questo è il risultato.
“…immagini della confessione di un sacerdote che avrebbero potuto benissimo rientrare nel processo ma non diffuse in televisione a spregio della dignità di chiunque…”.

Ho gia scritto come la penso in due post precedenti.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-risposta-davide-20-4-2010.html
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-caro-padre-angelo-ti-scrivo-22-4.html

Sono certo che non solo Davide è caduto nella trappola, ma in moltissimi. Inevitabilmente.
Questo perché era un trappola micidiale.

In realtà, tutto questo che riguarda Padre Angelo non a nulla, nulla a che vedere con nessun processo.
Ciò che lui ha detto e ciò che lui ha fatto, non ha minimamente niente a che vedere con responsabilità o reati. Al massimo con questioni di coscienza e di dottrina.

Ma c’è un altro aspetto ancora più importante.

In questi giorni viene chiesto da più parti alla Chiesa ed ai suoi vertici di prendersi la responsabilità di fatti gravi, agiti da sacerdoti, accaduti nel passato prossimo e remoto.
Ciò che Padre Angelo ha fatto spontaneamente (siamo credo nel 2004) è proprio questo. E lo ha fatto per questioni certo ben meno gravi e delicate di quelle che campeggiano ogni giorno sui quotidiani.

In un tempo in cui tutti, a destra e a manca, vogliono la verità e le scuse e pestano i piedi, un sacerdote viene “linciato” in televisione e perché?
Perché è proprio quello che, spontaneamente, lui ha fatto già qualche anno prima. Chiedere scusa e dire la verità.

Trovo tutto questo molto interessante. Considerando poi soprattutto che Padre Angelo non ha fatto proprio alcun male a nessuno.
Ma viene "linciato" lo stesso. E in quel modo. Come un criminale depravato.
Trovo molto istruttivo tutto ciò.

Scrive ancora il rabbino Alon Goshen-Gottstein, a proposito dell’omelia del Venerdì Santo pronunciata da Padre Raniero Cantalamessa:
“…Egli usa questo momento nella basilica di San Pietro, in presenza del papa, per augurare “Buona festa di Pasqua” agli ebrei! Nel leggere questo mi sono chiesto: quando mai, prima di adesso, un discorso del Venerdì Santo fu usato per questo scopo? Probabilmente mai. Perché diamo per scontato questo gesto di buona volontà? Perché passiamo sopra di esso in silenzio? Pensare agli ebrei come fratelli di fede durante la liturgia papale del Venerdì Santo è il frutto di decenni di lavoro nel campo delle relazioni giudeo-cristiane. Che questo abbia potuto essere detto così naturalmente e quasi a caso, questa è la vera notizia…”.

Così stamani sono andato a leggere finalmente questa omelia, che tanto scalpore ha suscitato.
Ecco cosa scrive Padre Raniero:

“…Nell’anno sacerdotale, la liturgia del Venerdì Santo ci permette di risalire alla sorgente storica del sacerdozio cristiano. Essa è la fonte di entrambe le realizzazioni del sacerdozio: quella ministeriale, dei vescovi e dei presbiteri, e quella universale di tutti i fedeli. Anche questa infatti si fonda sul sacrificio di Cristo. Egli, dice l’Apocalisse, “ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue e ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo” (Ap 1, 5-6). È di vitale importanza perciò capire la natura del sacrificio e del sacerdozio di Cristo perché è di essi che sacerdoti e laici, in modo diverso, dobbiamo recare l’impronta e cercare di vivere le esigenze…”.

E più avanti:

“…La novità è questa. Ogni altro sacerdote offre qualcosa fuori di sé, Cristo ha offerto se stesso; ogni altro sacerdote offre delle vittime, Cristo si è offerto vittima! Sant’Agostino ha racchiuso in una formula celebre questo nuovo genere di sacrificio in cui sacerdote e vittima sono la stessa cosa: “Ideo sacerdos, quia sacrificium”: sacerdote perché vittima…”.

“…Giovanni Paolo II ha inaugurato la pratica delle richieste di perdono per torti collettivi. Una di esse, tra le più giuste e necessarie, è il perdono che una metà dell’umanità deve chiedere all’altra metà, gli uomini alle donne. Essa non deve rimanere generica e astratta. Deve portare, specie chi si professa cristiano, a concreti gesti di conversione, a parole di scusa e di riconciliazione all’interno delle famiglie e della società…”.

Sono parole che non richiedono commenti, credo.

Il rabbino Alon Goshen-Gottstein così concludeva poi l’articolo sul “The Jerusalem Post”:

“…Ma anche noi dobbiamo esprimere il nostro rincrescimento per aver mancato di ascoltare il messaggio come fu pronunciato, per aver permesso ai media di creare una falsa storia, ignorando quella vera…”
“…Il tema dell’omelia del predicatore era contro la violenza. Questi ultimi giorni ci hanno mostrato di nuovo come anche il cattivo ascolto può essere fonte di violenza”.


Parole sante, parole sante.

Pietro Bono

giovedì 22 aprile 2010

Arkeon: caro Padre Angelo ti scrivo… 22-4-2010

Caro Padre Angelo,

nessuno meglio di te sa quanto io non sia un gran buon cristiano.
Mi permetto però di scriverti, pur in mezzo a questa tempesta, perché desidero dirti qualcosa che ti riguarda.

Quando ti ho conosciuto, diversi anni fa, tra le tante ferite che mi portavo nel cuore, c’era anche quella della mia distanza dalla Chiesa.
Io non ero distante per il mio rapporto con Dio. Quel dialogo nella mia vita, non saprei perché, ma non è mai mancato.
Io mi tenevo distante per la mia esperienza di collegio coi preti.
Niente di sconvolgente, ma certo non mi avevano lasciato un gran bel ricordo. Anzi.

Nella mia infanzia e giovinezza ho avuto la fortuna e il privilegio di essere accompagnato dal parroco del mio paesino, Don Paolo, una figura straordinaria a cui devo molto.
Ho avuto il piacere, come molti altri bambini miei compaesani, di frequentare la sua sacrestia.
Eravamo un gruppo di chierichetti assai vivace e a Don Paolo non ne abbiamo risparmiata una.
L’apice delle biricchinate del gruppo giungeva sempre nelle celebrazioni della settimana Santa.
Noi arrivavamo muniti delle nostre inseparabili penne bic. Ben riforniti di munizioni: le tasche piene di riso. Durante le celebrazioni serali, vestiti da chierichetti, aveva luogo il combattimento con le bic usate come cerbottane…
Eravamo proprio dei ragazzacci.

Ricordo un altro fatto. Era nell’occasione di quella che nei paesini di campagna veniva chiamata “colletta del grano”.
Don Paolo partiva la mattina presto col suo carretto a due ruote, trainato a mano da un ragazzino, con qualche sacco vuoto, per passare di casa in casa per la colletta annuale. Chi dava un secchio di grano, chi qualche offerta, chi qualcosa dell’orto.
Tutti offrivano un caffè, un liquorino o della grappa. Sempre rigorosamente fatti in casa.

L’anno che toccò a me portare il carretto perché ero ormai grandicello, già dopo un paio d’ore cominciai a vedere il tutto da una prospettiva assai diversa.
Era materialmente impossibile rifiutare il canonico “bicchierino”. In ogni casa si veniva accolti, si veniva fatti accomodare, si raccoglievano confidenze, preoccupazioni, richieste. Ma su un punto non si transigeva: il bicchierino. Senza pagare quel dazio, dalla casa non si usciva.
Don Paolo, che certo non era un vizioso, capiva e per non offendere nessuno, assaggiava con moderazione e senza eccedere, dando a ognuno soddisfazione.
Io, che ero alla mia prima esperienza, non era stato ancora riempito il primo sacco di grano, che mi ritrovai seduto nel carretto, con la testa che girava. Nelle ore che seguivano, ricordo solo la tonaca di Don Paolo che, sbuffando per la fatica, trainava il carretto per il borgo, e un singolare sentimento di allegria e di protezione nel trovarmi stravaccato su quel carretto tra granaglie, verdure, polli e quant’altro.

Poi, negli anni successivi, come dicevo, mi sono allontanato dai preti e dalla Chiesa.

Quando ti ho incontrato, memore delle mie esperienze coi preti, mi sono dato tutto il tempo per “studiarti”.
Poi ho scoperto che come me sei davvero un gran “testone”. Ma proprio teste dure, dure.
E anche sanguigni e indomabili. Mamma mia.

Quello che però di te, mi ha incuriosito, è che ti ho sentito autentico e soprattutto “vivo”.
Nella mia esperienza, la più parte dei sacerdoti è buona. Ma pochi sono davvero “vivi”.

E quando, dopo un tuo grande travaglio, ti sei fatto coraggio e ti sei permesso di dirti, e anche di raccontare tutta la verità a persone comuni come me, allora ho conosciuto il tuo valore, la tua "umanità" e ti ho amato come un fratello.
Stessa carne. Stesso sangue.

E là credo è cominciato il tuo impegno con arkeon.

Quante persone ho visto piangere tra le tue braccia, magari dopo un colloquio o una confessione.
Quante persone e quante famiglie hai portato silenziosamente sul tuo “carretto”, nei giorni della loro massima fragilità; quelli che di solito precedono il ritorno a casa, il ritorno ad una “fede”, tanto desiderata, quanto spesso combattuta.
E tu non hai mai forzato nessuno.
Hai aspettato rispettoso, custodendo quei delicati momenti.

Sempre sostenendo con la tua consueta vivacità e ancor più col “fuoco vivo” e schietto della tua fede.

Ciò che desidero tu sappia ora, è che io non ho dimenticato.
Tutti noi, non abbiamo dimenticato.
Perché eravamo lì con te.
Tu eri con noi.
Come quando hai accompagnato me e mia moglie nel cammino verso il matrimonio.

Quello che molto presuntuosamente ti chiedo di fare ora, è di pagare ancora un volta anche tu, come Don Paolo, il tuo “dazio”, il tuo tributo, prima di riprendere il tuo cammino.
Ti chiedo di bere anche “questo bicchierino” insieme a tutti gli altri.
Sia che ti venga offerto da persone insane e sofferenti.
Sia che ti venga dalla tua amata Chiesa.

Sappi che in tutto questo le tante e tante famiglie di arkeon ti sono vicine e pregano al tuo fianco.
http://fioridiarancio.wordpress.com/2010/04/21/arkeon_e_l_intimita_violata/
http://fioridiarancio.wordpress.com/2010/04/20/il-codice-arkeon/
http://sudorepioggia.wordpress.com/2010/04/22/arkeon-distruggere-chi-non-si-allinea-alla-versione-mediatica/
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-risposta-davide-20-4-2010.html

Così come le ancor più numerose persone che, in altri contesti, ti hanno conosciuto.
Tutti noi sappiamo chi sei, e conosciamo il tuo valore.
Non dimenticarlo mai, te ne prego.

Chi ha cercato di colpirti, credendo forse di umiliarti, è forse chi ancora non ha fatto pace con se stesso, con la propria vita, con Dio.
Chi ha cercato di infangarti, forse non ti perdona proprio il servizio che hai instancabilmente svolto a favore delle famiglie.
E soprattutto non ti perdona il coraggio che tu hai avuto, di rompere la corazza della tua immagine, per mostrare, finalmente, il tuo cuore. Così com’è.
Nudo e crudo. Vivo e palpitante.
Tu sai bene, oggi più che mai, quale costo comporta questo coraggio e questo amore per la “verità”.
Quello che stanno facendo a te, è quello che duemila anni fa hanno fatto a quello che tu scherzosamente amavi definire “il mio Capo”.
Siine orgoglioso e fiero.
Per questo oggi ti sento ancora più vicino.
E mi sei, ancor più, di esempio.

Un abbraccio fraterno, Padre Angelo, e grazie, grazie di cuore.

Pietro

mercoledì 21 aprile 2010

ARKEON: BELLU E BONO 21-4-2010


Avevo pensato di dare questo nome giocoso ad un mio post scritto dopo gli articoli dell’Unità del 9-10 Aprile, a firma del Codirettore Giovanni Maria Bellu.

Poi, a riguardo, ho letto i post di Klee che mi sono sembrati, come sempre, estremamente chiari e dettagliati.

KLEE – Il codice arkeon 1 mercoledì 14 aprile 2010
http://klee2009.blogspot.com/2010/04/il-codice-arkeon1.html

KLEE – Il codice arkeon 2 venerdì 16 aprile 2010
http://klee2009.blogspot.com/2010/04/il-codice-arkeon2.html

Alle cose dette da KLEE, voglio solo aggiungere qualcosa.
E cioè una citazione risalente al 1893 di John Swinton (1830-1901) redattore capo del giornale newyorkese di proprietà della dinastia della famiglia ebraica Sulzberger:
"Una stampa indipendente in America non esiste. Voi lo sapete. Non c'è nessuno di voi che osa scrivere le proprie opinioni e già sapete che se lo fate non verrebbero mai pubblicate. Io sono pagato settimanalmente per tenere il mio parere onesto fuori dal giornale. Altri di voi sono pagati con stipendi simili per cose simili, e qualsiasi di voi sa' che chiunque sarebbe così pazzo da scrivere opinioni oneste sarebbe fuori per la strade in cerca di un altro lavoro. Se io avessi pubblicato le mie vere opinioni mi ritroverei senza lavoro prima di ventiquattro ore. Il business dei giornalisti è quello di distruggere il verità, di mentire apertamente, di diffamare, di scodinzolare ai piedi della ricchezza e di vendere il suo paese e la sua razza per il suo pane quotidiano. Cosa è questa follia di brindare per una stampa indipendente ? Noi siamo gli arnesi e vassalli di uomini ricchi dietro le quinte, loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre possibilità e le nostre vite sono tutte proprietà di altri uomini. Siamo prostitute intellettuali".

E’ evidente che la stampa, anche quella italiana, negli anni è riuscita a far di più e meglio.
E Bellu ce lo dimostra chiaramente, mettendosi in testa al plotone del novello paladino Gianni Leone.
http://pietrobono.blogspot.com/2009/11/arkeon-il-forum-anti-sette-e-il.html

E se a qualcuno non bastasse ancora, allora può magari dare un’occhiata a questo articolo: “Mark Twain, guerra alle false notizie”
http://www.avvenire.it/Cultura/anniversari+twain+castellani_201004140957513770000.htm
Più vicini a noi, ma altrettanto calzanti, i pezzi di Raffaella Di Marzio:
Consulenti, periti e giornalisti "famelici"
http://www.dimarzio.it/srs/modules/news/article.php?item_id=193

Buona lettura.

Pietro Bono

martedì 20 aprile 2010

Arkeon, "Chi l'ha visto" e la risposta a Davide 20-4-2010



Davide ha detto...
Gent.le signor Bono, non appartengo a Arkeon nè tantomeno al Cesap ma vorrei rivolgerle una domanda che mi sembra lecita, da persona della strada.
Ieri sera abbiamo visto in molti la trasmissione "Chi l'ha Visto?" dove si è parlato di Arkeon. Togliamo pure la figura della dott.sa Tinelli che non sa rispondere a nessuna domanda se non ergendosi a vittima; togliamo il fatto che c'è un processo in corso e quindi è inevitabile che ci si batta su due fronti opposti senza esclusione di colpi; togliamo anche la viltà e la bassezza con la quale sono state mostrate in pubblico immagini della confessione di un sacerdote che avrebbero potuto benissimo rientrare nel processo ma non diffuse in televisione a spregio della dignità di chiunque; togliamo alcune frasi avulse da qualsiasi contesto che possono significare tutto e nulla; togliamo l'appello ad avere altri testimoni, visto che probabilmente il Cesap non ne ha molti.
Togliamo tutto ciò.
Rimane un fatto: le immagini davvero pesanti del "no limits" e del seminario dove molti urlavano, si dimenavano e venivano trattenuti a forza. Con quale diritto in Arkeon si compie tutto questo? Con quale diritto si chiede alle persone di pagare fior di quattrini per sottostare a incontri simili? Non crede che anche queste forme di seminari possono rappresentare per alcuni forme di abuso e violenza delle quali chiedere conto ai vertici del gruppo? Spero in una sua risposta, visto che con questo post mi pongo in dialogo con lei e tutti voi. Grazie
20 aprile 2010 10.18



Gentile Davide,

le sue preziose e rispettose osservazioni al mio precedente post pongono quesiti fondamentali, a mio parere.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-le-storie-di-atrocita-verita-o.html

Mi permetta intanto di osservare, sempre a mio giudizio naturalmente, che non è vero che ci si sta battendo su due fronti.
Lei comprenderà, credo, la sproporzione delle forze in campo.
Da un lato un gruppo sparuto di blogger scrivono autonomamente riguardo alla propria esperienza, prima e dopo arkeon.
Dall’altro lato c’è quello che lei, e come lei, molti italiani hanno visto, letto e sentito in questi ultimi quattro anni.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/03/arkeon-quattro-anni-di-linciaggio.html

Ma vorrei utilizzare questo spazio per dialogare su quella che è la sua legittima domanda: “…Rimane un fatto: le immagini davvero pesanti del "no limits" e del seminario dove molti urlavano, si dimenavano e venivano trattenuti a forza. Con quale diritto in Arkeon si compie tutto questo? Con quale diritto si chiede alle persone di pagare fior di quattrini per sottostare a incontri simili? Non crede che anche queste forme di seminari possono rappresentare per alcuni forme di abuso e violenza delle quali chiedere conto ai vertici del gruppo?...”.

Forse la deluderò, ma la verità è che non ho una risposta.

Però, se lei ha un po’ di pazienza, vorrei provare a fare un discorso un po’ più complesso.
Naturalmente sono solo mie considerazioni personali. Per quello che valgono.

Io sono figlio di due contadini. Sono cresciuto in un paesino di campagna fin dagli anni sessanta.
Nel cortile le galline, qualche maiale, conigli, gatti, cani e compagnia bella.
Nella stalla tori, mucche e vitelli.

Ricordo che da bambino, e anche successivamente, ogni tanto arrivavano dalla città persone per fare la spesa da noi in cascina.
Chi le uova, chi del latte fresco, chi i formaggi, galline, conigli e così via.
Tornando in città volevano, è naturale, gli animali morti. Meglio ancora se spellati, o spiumati.
Per me era ordinaria amministrazione.
Per molti di costoro, un po’ meno.
Vedere sgozzare un gallo, col sangue (naturalmente raccolto in una ciotola, per fare il “sanguinaccio”) che schizza, l’animale che si dibatte annaspando, è, mi rendo conto, un’immagine comunque forte.
Nondimeno un coniglio. Sgozzato, spellato ancora fumante, poi squartato per ripulirlo delle interiora…
Non parliamo poi del maiale. Per il maiale c’era tutta una ritualità consistente. Tutto il borgo era in fibrillazione. E le garantisco, non è uno spettacolo da poco. Il sangue e le urla del maiale arrivavano ovunque.
Molto ci sarebbe da dire anche del parto delle mucche, spesso assai travagliato.

Indugio volutamente su questi particolari, diciamo così, più crudi, perché vorrei aggiungere un altro particolare.
Per ciò che vale la mia esperienza, i contadini hanno un grande rispetto per i campi e gli animali di cui si occupano.
In casa nostra, oltre alle foto dei famigliari ormai deceduti, ricordo solo la foto di due splendidi tori allevati da mio padre.
Questo per dire il rispetto, e anche un vero e proprio affetto per questi animali. E ognuno aveva il suo nome. Tutti quanti.
Mia zia chiamava per nome pure le galline. Qualcuno potrà non crederci, ma queste, se chiamate per nome, singolarmente accorrevano. Per me è ancora un mistero.

Eppure, in tutto ciò, quando era il momento, veniva messa la parola fine.
E mi creda, Davide, non c’era sadismo o gioia nel trafiggere questi animali.
Spesso c’era un anche un dispiacere vero e proprio.
Ma andava fatto. Perché tutto ciò aveva un suo senso, un suo significato.
Faceva forse parte di ciò che, nel bel cartone che ogni tanto rivedono i miei bimbi, viene chiamato “il cerchio della vita”.

Ci sarebbero un’infinità di esempi da fare.
Ma solo per ricordare una cosa banale, cioè che la vita, quella autentica, è un’esperienza “forte”. Sempre.
Ma che può, proprio nella sua sacralità, apparire crudele o peggio assurda.

Prendiamo la semina.
Il concetto è banale: prendo una manciata di semente, li spando nella terra, ricopro leggermente, et voilà! Il grano è seminato.

Due sono le considerazioni più banali che mi vengono, così su du e piedi.

La prima, è che c’è un investimento che potrebbe anche essere interpretato come un eventuale spreco.
Un tempo, credo fino a circa trenta-quarantanni fa’, si usava come semente il grano stesso. Parlo del grano tenero.
Fino al dopoguerra, mi dicono, la fame dalle mie parti era di casa. Decidere quanto grano seminare, significava per una famiglia rischiare di restare senza farina durante l’anno.
Non c’era da scherzare.

La seconda, è che osservare da un altro punto di vista, la scena della semina, può realmente apparire folle. Perché se io vado dopo qualche giorno a cercare il mio grano che ho affidato alla terra, troverò forse che questo seme si sta, in qualche modo deteriorando: cominciando a germogliare si svuota e pian piano si disgrega.
In buona sostanza il seme “muore”.

Tutto ciò è normale.
Ad osservarlo da vicino, può impressionare.

Cosa allora spinge il contadino ad “affidare alla terra” il suo grano?
Mi verrebbe da rispondere: l’esperienza e la fede.
E insieme a ciò anche la sua dedizione e il suo sacrificio.

Ora vorrei fare un salto indietro e tornare alla sua domanda, Davide.
“…Rimane un fatto: le immagini davvero pesanti del "no limits" e del seminario dove molti urlavano, si dimenavano e venivano trattenuti a forza. Con quale diritto in Arkeon si compie tutto questo? Con quale diritto si chiede alle persone di pagare fior di quattrini per sottostare a incontri simili? Non crede che anche queste forme di seminari possono rappresentare per alcuni forme di abuso e violenza delle quali chiedere conto ai vertici del gruppo?...”.

Tengo solo a chiarire, per chi non ne avesse fatto esperienza, che le immagini andate in onda, immagini acquisite dalla Digos dal sequestro del computer e dei materiali di Vito Moccia, e trasmesse in televisione in barba a ogni legge italiana, sono immagini che sono state girate durante un seminario residenziale della durata di circa cinque giorni, chiamato “intensivo”.
Il lavoro è, a mio giudizio, anche molto più forte di quanto un telespettatore possa soltanto ritenere.
E’ importante però, a mio avviso, riportarlo nel giusto contesto.
E anche non dimenticare che le persone inquadrate in quelle immagini erano, qualche ora dopo sedute al bar, a chiaccherare serenamente bevendo un caffè.

Intanto chi arrivava al seminario intensivo, normalmente aveva cominciato il lavoro di arkeon almeno da mesi, se non addirittura da qualche anno. Quindi pur non conoscendo forse nello specifico il contenuto, di certo sapeva che non era un passeggiata.
In secondo luogo quel seminario era strutturato per accompagnare le persone in un percorso.
Non pretendo che tutti condividano questo percorso. Così come non era un percorso per tutti.

Vede, io ho praticato l’alpinismo per diversi anni.
Se io prendessi dei filmati tratti dai corsi in cui ero istruttore e li montassi ad hoc, potrei benissimo far apparire quei corsi organizzati dal Club Alpino Italiano, come le peggio cose.
Le prove di caduta per gli allievi, come una violenza gratuita di una crudeltà inaudita.
Gli aiuti, in forma di spinte con le mani e di traini con la corda, come il mettere le mani addosso indistintamente a uomini e donne su natiche e quant’altro. Il tirare, l’allievo stravolto, con la corda, come una forzatura e un soppruso incredibili.
Un giorno io stesso ho minacciato col martello da roccia un alpinista che stava mettendo a repentaglio la vita di un’intera cordata di persone.
Mi immagino con quella scena del martello, filmata, tagliata e montata nel modo giusto, quali "storie di atrocità" si potrebbero ottenere…

Ma ancor più, sarei curioso di sapere cosa potrebbero pensare persone non addette ai lavori, se avessero avuto modo di vedere l’esperienza alpinistica, con annessi e connessi.
Una normale merenda durante i corsi trasformata, nell’ottica che sopra sottendevo, in un party alcolico, con bottiglioni di vino scolati a piena gola, urli, battute e riferimenti non proprio per collegiali, vanterie e provocazioni di ogni tipo.
Per non parlare poi delle salite più impegnative compiute tra cadute di sassi, una fatica immane, il senso della morte sempre incombente, il freddo, la fame e una compagna indissolubile, la paura.
Ho letto un giorno una calzante definizione dell’alpinismo: “i conquistatori dell’inutile”.
Per certi versi è realistica.

Ma c’è anche da considerare l’altro verso della medaglia.
Ed è il verso che spinge ogni settimana migliaia di persone a praticare anche questa disciplina.
E sono sia motivazioni generali, che motivazioni del tutto personali.

Tutto ciò per dire che le immagini andate in onda non sono la realtà.
E non la rappresentano soprattutto perché l’obiettivo pregiudiziale del filmato, così come quello della propaganda di questi ultimi quattro anni, è proprio quello di impedire, blindare la complessità della realtà di una esperienza, perché non possa essere di fatto conosciuta. Se non in una cattiva luce.

Se le immagini della mia infanzia a cui facevo riferimento, per assurdo, fossero state riprese, tagliate e montate in modo adeguato. Se fossero soprattutto state contestualizzate come metodi e modalità appartenenti a una qualunque “setta”, allora mi sento di garantire che il giudizio e l’impressione che se ne potrebbe trarre, sarebbe alquanto diverso.
Da scena agreste, il tutto passerebbe a essere un’agghiacciante esperienza, magari di stampo satanico.

Nella vita reale, non si passa da una scena in cui sono alla scrivania al lavoro, a quella successiva in cui, appeso su un abisso di cinquecento metri cerco di sfilare con i denti un chiodo dal moschettone, con le mani aggrappate ad un appiglio di un centimetro e i piedi in appoggio sul nulla; con la corda che tira maledettamente verso il basso, il vento che urla, senza poter vedere il compagno di corata per dirgli che la corda si è incastrata e che l’ultimo chiodo si trova pericolosamente piantato, sotto di me, a una decina di metri.

Nella vita reale esiste un percorso in senso geografico e uno in senso temporale.
Soprattutto uno che riguarda il senso e la progressione delle cose.
Ci vogliono anni e anni per riuscire a complicarsi, con soddisfazione (visto che sono ancora vivo), la vita in montagna nel modo che cercavo di descrivere.

Mi immagino altresì la scena di Abramo.
Guardo Isacco, un bambino, steso sulla pietra dell’altare improvvisato.
Vedo suo padre Abramo che leva la mano col coltellaccio pronto al fendente…

Credo possa essere chiaro a tutti, che vista fuori dal suo contesto, questa scena è semplicemente infernale.

Eppure Abramo, per quanto ne posso sapere, è considerato il padre indiscusso di tre tra le più diffuse tradizioni religiose: quella ebraica, quella mussulmana e quella cristiana.
E certo Abramo non è arrivato ad alzare quel coltello su suo figlio così, all’improvviso in preda ad un raptus di follia.
Come padre, non faccio fatica ad immaginarmi il tormento che lo ha accompagnato in quel tragitto.

Il percorso dell’intensivo era un percorso certo impegnativo, ma graduale.
L’ultima tappa di un cammino personale, di cui arkeon stesso è solo una tappa.

Le persone erano ben consapevoli di ciò che andavano a percorrere.
Nel “no limits” l’esperienza che si vive a occhi chiusi è totalmente libera, personale, intima.
Certo non è un’esperienza comune. Ma anche per una guida alpina, c’è stata certo “una prima volta” in cui ha fatto l’esperienza di una corda.
“L’altro” è importante, soprattutto perché mi permette di vivere e scambiare l’esperienza. Non diversamente da quello che accade in un esercizio di ballo in coppia.
Il “no limits” non ha nulla a che vedere con la connotazione “sessuale” a cui è stata, o potrebbe venire, assimilata.
Nell’esperienza del “no limits” ho compreso che era esattamente il contrario. E cioè che fino a quel momento avevo vissuto come col sentimento di attrazione-minaccia fisico a seconda delle persone che, nella mia vita, incontravo.
Solo lì mi sono accorto di quanto peso, nella mia vita avesse avuto il pregiudizio legato alla “fisicità”, alla connotazione di genere, all’età.
Nel “no limits” ho toccato, forse per la prima volta in vita mia, l’importanza e il rispetto di chi è per me “altro” in assoluto.
Certo questa è stata la mia personale esperienza. Ed è stato un lento percorso. E non credo sarà mai, per me, concluso.

La stessa cosa vale per tutti gli altri lavori proposti.

Naturalmente ognuno è libero di credere o meno a quanto ho affermato.
Così come ognuno può condividere o meno tutto ciò.
L'importante è comprendere che arkeon non era considerata "LA" via.
In montagna le "vie" sono infinite.
Ognuno si sceglie quella più consona alla proria natura, alla propria condizione e alla propria preparazione. Mantenedo la possibilità di cambiare strada, se insoddisfatto.

Un’ultima cosa prima di concludere questa, ormai oceanica, risposta a Davide.
Quando ripenso a quei seminari, non posso non assimilarli all’esperienza della nascita della mia primogenita in ospedale.

Ricordo i gemiti di mia moglie, il rispetto e le attenzioni del personale, la mia commozione per quanto stava accadendo. Era, per mia moglie e per me, la prima esperienza di questo genere. Eppure mi sembrava di conoscere quell’atmosfera, di bellezza e di sacralità, da sempre. E tutto mi è sembrato così “normale”, e insieme così “unico”. E tutto il sangue, il dolore, le preoccupazioni, i problemi, in quel contesto così specifico, non facevano che sottolinearne la “normalità” e insieme la peculiarita di un miracolo antico che si ripete, uguale e nuovo ogni volta.

In questa patina spessa di ipocrisia e di perbenismo in cui siamo spesso avviluppati, di modelle anoressiche e adolescenti su ogni rivista patinata, di canoni di bellezza imposti da non si capisce chi, da modelli interpretativi e scuole psicologiche di ogni genere e tipo, da un’orgia mediatica cieca e sorda alla realtà, credo che un po’ di semplicità e di normalità potrebbe forse giovare.

Non è un caso se, come nel filmato si riesce magari a stento a cogliere, una persona proprio in tale percorso trova il coraggio per riconoscere, senza sentirsi giudicato, la verità e insieme anche le umane contraddizione della propria vita. Per andare oltre.
Ce ne fossero di persone come lui che con coraggio, dopo aver attraversato forse nella propria esistenza tanti inferni dell’anima, trova il coraggio per dire: “ebbene, io sono stato anche questo…”.
La forza di mostrarsi nudo. Per rinascere e darsi una nuova opportunità.

Duemila anni fa’, in un’occasione simile, qualcuno aveva detto queste parole: “…Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra…”. Vangelo: Gv 8,1-11
In arkeon, questa informazione era data per assimilata.
Anzi il coraggio di rivelarsi di uno, diveniva lo stimolo per il suo vicino.
Per crescere insieme. Per ritornare umani.

Ieri abbiamo visto tutti che, a differenza persino degli Scribi e dei Farisei, Lorita Tinelli del CeSAP e altri come lei, quel sasso lo hanno lanciato senza problemi.

La cosa interessante, come riportato nel Vangelo, è il fatto che quella donna fosse stata “sorpresa” in adulterio.
Qui un uomo, a cui va il mio massimo rispetto, sì è "confessato spontaneamente", seduto in seizà, senza remore davanti a coloro di cui aveva imparato a fidarsi.
“…Ho provato a risolvere i miei problemi in tutti i modi. La mia vita… è stata un conflitto, è stata una croce…”.
Per questo è stato “linciato” in un modo così volgare in televisione.
Non per le cose che ha detto.
Ma proprio perchè ha detto la verità. Perchè la verità "rende liberi".

Non sanno, coloro che hanno fatto ciò credendo di fargli del male, che, se ne esce vivo, lo hanno reso completamente libero. Per sempre.
E che tanti uomini ieri vedendolo lo avranno profondamente invidiato per il suo coraggio di dirla, la verità. Per tornare a essere intero e vero.
Solo così forse sì è in grado di “accogliere” l’amore nella propria vita.
Altrimenti finisce che lo si “pretende”. Ed è tutta un’altra cosa.

Non so' quanto io possa aver chiarito o meno le cose. Comunque grazie ancora, Davide, dello stimolo.

Ho visto solo ora un bel post di Fioridiarancio in proposito e lo segnalo.
http://fioridiarancio.wordpress.com/2010/04/20/il-codice-arkeon/
http://fioridiarancio.wordpress.com/2010/04/21/arkeon_e_l_intimita_violata/

Pietro

venerdì 16 aprile 2010

Arkeon, “Le storie di atrocità”: verità o invenzione ? 16-4-2010

La fantomatica lettera contro Arkeon
tratto da CeSAP
www.cesap.net
Mercoledì 14 Aprile 2010 21:19

Ci viene comunicato che uno dei pochi membri attivi di Arkeon (indagato per concorso in calunnia) fantastica circa una fantomatica azione diffamatoria del CeSAP su delle strutture ricettive in cui si svolgevano seminari di Arkeon.

Pubblichiamo di seguito la lettera che fu spedita ad alcune delle strutture ricettive di cui ci fecero notizia fuorusciti di Arkeon e che erano presenti sui siti e sulle bochures dello stesso gruppo. Tale lettera fu allegata dai vari membri di Arkeon nelle varie denunce che presentarono alle tante Procure d'Italia, secondo il Kit che gli avvocati del fondatore di Arkeon predisposero opportunamente. I PM e i GIP di tali Procure ritennero tale prova, insieme ad altri documenti, assolutamente non diffamatoria (da qui le varie archiviazioni e le conseguenti azioni di denuncia per concorso in calunnia).

Pubblicando la presente chiediamo pubblicamente alle tante strutture ricettive, come non abbiamo sentito le urla provienienti dalle stanze in cui i membri di Arkeon saggiavano le loro dinamiche. Come qualcuno non abbia notato il passaggio di bare, come nessuno dei dipendenti non abbia notato che membri di Arkeon salivano su un pulmanino vestiti di stracci per andare a chiedere l'elemosina in paesi vicini. Ci chiediamo davvero come le strutture ricettive non abbiano notato nulla di strano.

Qualche anno fa un hotel di Bologna ci raccontava telefonicamente di grida e di movimenti strani e fortemente preoccupanti. Possibile che fosse l'unico?

Possibile che membri dell'Hotel dove si svolse l'ultimo blitz a Roma invece si facevano complici di un incontro a porte chiuse, dopo che i giornali avevano riportato la notizia dell'ordinanza della Procura che vietava le attività di Arkeon? Nei fascicoli del tribunale sono state depositate anche le email dei titolari di quell'hotel.

Riteniamo davvero grave che nessuna di queste struttute abbia sentito il dovere, se non civico, di informare le Forze dell'Ordine di cose strane, così come qualcuno di loro ha raccontato, che avvenivano in Arkeon.

Siamo fiduciosi che prima o poi si farà chiarezza anche su questo. E ci ripromettiamo di riportare tutte le novità sul caso che la nostra associazione continua a raccogliere quotidianamente, anche grazie a documenti che continuano a pervenirci da fuorusciti.

Ma la storia continua con le tante sorprese ......


In ogni caso per chi voglia approfondire consigliamo il seguente link:
http://www.cesap.net/index.php?option=com_docman&task=cat_view&gid=256&Itemid=60
tratto da CeSAP - il neretto è in originale -
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Pubblico questo comunicato del CeSAP che compare nel sito a tutt’oggi 16-5-2010 .
Ritengo importante questo comunicato perché chiarisce, a chi ancora avesse avuto dei dubbi, che il CeSAP sotto la veste di Centro Studi, cela in realtà quella che è la sua vera natura, cioè di gruppo anti-sette nudo e crudo.
http://riflessioni-su-arkeon.blogspot.com/2008/10/il-cesap-e-unassociazione-anticult.html
http://ilcasotinelli.blogspot.com/

Con il rischio soprattutto che la raccolta di tante “storie di atrocità”, così care ai gruppi anti-sette estremisti, celi poi, disperse in questo oceano, le situazioni di reale e concreto pericolo.
http://www.cesnur.org/testi/naufraghi.html
http://www.alleanzacattolica.org/idis_dpf/voci/l_lavaggio_cervello.htm

La cosa che parrebbe inquietante è, a mio avviso, il tono usato in questo comunicato, da cui francamente pare trasudare quasi un livello di esaltazione, più che di informazione.

A leggerlo così, un comunicato del genere, potrebbe far credere che la Dott.ssa Tinelli si possa essere totalmente identificata con gli Organi di Polizia Giudiziaria.
E forse non è un caso che in ogni comunicazione nel sito CeSAP, fino a poco tempo fa’ era presente la striscia del “Patrocinio del Ministero di Giustizia”.

D'altronde tutto ciò pare in linea con il complessivo comportamento assunto in tutta la vicenda.
Ecco cosa scriveva Lorita Tinelli in una sua lettera alle strutture che ospitavano i seminari di arkeon:
“…il Cesap comunica che non si riterrà responsabile per alcun danno di immagine a vostro carico che potrebbe scaturire dal prosieguo delle indagini: sarà al contrario sentitamente apprezzata qualsiasi forma di collaborazione e sarà premura del direttivo dell’associazione segnalare prontamente alle autorità le strutture che fattivamente si renderanno disponibili nel perseguire l’obiettivo di far luce su attività dai pesanti risvolti”.
Lorita Tinelli
12 febbraio 2006

-neretto in originale-

Ciò che ritengo importante sottolineare, è poi l’attendibilità o meno di certe affermazioni.

Nel comunicato si parla di “bare”, di “persone vestite di stracci”, cose che francamente io non ho mai visto. E di cui mai ho avuto notizia. Non vorrei che fossero l’ennesimo frutto della fantasia di qualche persona esaltata. Tanto per intenderci come la notizia del “PADRE SPENDE 50MILA EURO PER GUARIRE IL FIGLIO GAY 25-2-2010”.
http://www.gay.it/channel/attualita/28141/Padre-spende-50mila-euro-per-guarire-il-figlio-gay.html

E’ vero invece che, nell’ambito di un seminario residenziale di tre giorni, centrato sulla relazione col denaro, veniva proposto liberamente un esercizio.
L’esercizio, a quanto mi è dato di conoscere, consisteva nell’esplorare, almeno una volta nella vita, l’esperienza di chi si trova nella condizione di dover “chiedere l’elemosina”.

So di persone che non se la sono sentita e sono rimaste tranquillamente sedute ad aspettare al bar i loro compagni. Nella quasi totalità dei casi, ho avuto invece un ottimo riscontro da coloro che avevano aderito a questa esperienza.
Purtroppo io non ho avuto il piacere di farla. Non mi è però difficile immaginare l’importanza, per una volta, di “provare a mettersi dall’altra parte”. Nei panni di chi forse è povero o disperato e si trova nella condizione i dover “chiedere”.
Non vedo niente di male in questo. Anzi, mi sembra un’ottima scuola di umiltà e rispetto.

Per quanto riguarda il “blitz della Digos” di Roma, ho già detto altrove. Ma ripetere non guasta.
Naturalmente l’incontro di Roma non era, come cita maliziosamente il comunicato, a “porte chiuse”.

Così scrive Raffaella Di Marzio, a proposito dell’incontro di Roma del 9-2-2008 :
“…La motivazione di questo incontro era quella di presentarmi e di farmi conoscere (naturalmente erano sospettosi e non si fidavano più degli “studiosi” o dei giornalisti), e di chiedere la loro collaborazione per portare avanti uno studio su ARKEON. L’incontro sarebbe stato anche il momento adatto per fare alcune interviste e per riflettere su quanto stava avvenendo (campagna mediatica compresa).
Questo incontro si è svolto il 9 febbraio 2008 a Roma. Erano presenti allievi, coppie, famiglie con figli, genitori di allievi, in totale quasi un centinaio di partecipanti. C’erano professionisti, casalinghe, psicologi, medici ecc. ecc. “...

http://www.dimarzio.it/srs/modules/news/article.php?storyid=148

Mi sento di aggiungere che in origine avevo pensato di fare questo incontro con le famiglie e con la Dott.ssa Di Marzio in casa mia.
Poi si era optato per una struttura pubblica, sia per permettere al maggior numero di famiglie di conoscere ed incontrare liberamente la studiosa Di Marzio, sia per permettere a quest’ultima una totale e libera raccolta di informazioni rispetto al suo ambito di studio e di ricerca.

Il tutto nella più totale trasparenza.
Tant’è che quando, all’inizio di quell’incontro, ravvisai la circostante presenza della Polizia, addirittura non ne feci cenno a nessuno. Semplicemente perché non c’era niente da nascondere.

Posso comprendere il desiderio di taluni di descrivere a tinte fosche ogni cosa.
Poi, se qualcuno vuole, ad ogni costo, vedere il male e la confusione in ogni cosa, o ancor peggio vietare a liberi cittadini di incontrarsi e conoscersi, mi spiace tanto. Si vede che non hanno mai fatto esperienza di oratorio o anche di rifugio di montagna. Lì di incontri, di urla e di confusione potrebbero fare il pieno.

Anch’io del resto sono fiducioso che prima o poi si farà chiarezza, anche su questo.
E proprio per proseguire in questa direzione ritengo utile pubblicare la mail con cui, il 20-11-2007, contattai la Dott.ssa Di Marzio.

Gentile Dott.ssa Di Marzio,
Le scrivo con un po’ di imbarazzo, in quanto mi trovo in una situazione, a mio avviso, paradossale.
Seguo, fin quasi dagli esordi, il lavoro del gruppo arkeon e di conseguenza mi trovo anch’io, come tante altre famiglie che ben conosco, in un vortice sgradevole.
Come forse Lei avrà avuto modo di sentire, nel corso degli ultimi mesi, sono stati consegnati avvisi di garanzia a Vito Carlo Moccia e ad altre cinque persone che fanno, od hanno fatto parte, di quel gruppo di lavoro.

Personalmente in tutto questo non trovo niente da ridire. Ritengo legittimo, anzi doveroso, che se qualcuno ritiene di aver subito o visto dei torti, si faccia avanti e li segnali. Sono anche certo che la magistratura saprà fare il suo lavoro.
Ora però quel che mi lascia perplesso ed anche preoccupato, è tutto il circo mediatico che intorno a questo fatto si è scatenato.
D'altronde l’accusa di trattarsi di “setta” e l’appellativo di “adepti”, oltre che lasciare sbigottito chi ha conosciuto da vicino questo percorso, impediscono qualsiasi forma di risposta, che non sia quella legale, perché, come Lei potrà bene comprendere, chi può essere realmente interessato alle testimonianze di persone “plagiate”?

Personalmente ritengo che, nel corso degli anni, non siano mancati episodi individuali di “esaltazione” o tentativi di chiusura e “appropriazione” da parte di persone che hanno attraversato questo lavoro. Anch’io non ne sono stato immune. Devo però riconoscere a Vito Carlo Moccia ed alla maturità delle persone, la capacità di aver mantenuto, nonostante queste pressioni, lo spazio del lavoro sempre aperto e trasparente.
Certo, il lavoro è sicuramente migliorabile ed errori sono stati commessi. Trattandosi di un percorso esperienziale, mi stupirei se così non fosse, pur augurandomi che non siano stati varcati i confini del rispetto umano e della legalità.

Ora sono qui a chiederLe, se possibile ed opportuno, un breve incontro per avere un consiglio.
Il mio imbarazzo è anche legato al fatto che in questa situazione è coinvolta la Sua collega, la Dott.ssa Tinelli.
Io La ringrazio comunque di cuore della Sua pazienza e resto a Sua disposizione.

Pietro Bono

mercoledì 14 aprile 2010

Arkeon, i panici morali e l’omosessualità 14-4-2010

Talvolta qualche persona mi chiede perché del mio impegno nella vicenda “arkeon”.
E’ una domanda che spesso anch’io mi pongo.
Potrà sembrare strano, ma ho la sensazione che anche le mie motivazioni ad approfondire questa vicenda, cambino col tempo.
Ad esempio, ultimamente mi sembra sempre più che la vicenda arkeon stia prendendo la deriva narrata nel film, “Changeling”. Film intenso e commovente, tratto da una storia vera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Changeling_(film_2008)
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=49367

Infatti nel film si parla di una versione ufficiale dei fatti, fortemente voluta dalla Polizia e dai media, con la benedizione degli psicologi compiacenti.
Vi ricorda qualcosa?

E’ evidente che, come ben descritto nel film, anche intorno alla vicenda arkeon ci siano interessi diretti e interessi molto più articolati e complessi.
Le notizie sull’Unità dei giorni scorsi mi sembrano significative in proposito.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/03/arkeon-quattro-anni-di-linciaggio.html
E per chi abbia seguito un po’ la vicenda, comincia a delinearsi la prospettiva di questi intrecci.
Ma proviamo ad andare per ordine.

Nel autunno-inverno 2005 la Dott.ssa Lorita Tinelli del CeSAP invia alcune lettere agli alberghi dove solitamente erano tenuti i seminari di arkeon. In tali lettere la Dott.ssa Tinelli utilizzando, pare di capire, in modo improprio un Patrocinio del Ministero di Grazia e Giustizia, invita caldamente, diciamo così, tali strutture a non ospitare tali seminari.
Ora, questi comportamenti tenuti dai "gruppi anti-sette estremisti", erano già ben conosciuti nella letteratura, soprattutto anglosassone.
Raffaella Di Marzio, nel suo nuovo libro “Nuove religioni e sette” scrive: “…La metodologia dei gruppi anti-sette è orientata più a fare la “guerra alle sette” che ad aiutare le persone… Le conseguenze dell’azione dei movimenti anti-sette per la società non sono nuove e sono già state oggetto di studio. Negli Stati Uniti, negli anni Settanta e Ottanta, alcuni di questi gruppi si sono fatti conoscere al grande pubblico per la loro azione contro le “sette” e anche per alcune pratiche discutibili che si verificavano al loro interno… Oltre a utilizzare modalità discutibili per attaccare vari gruppi, come l’uso strumentale della stampa, le lettere di minacce inviate a singoli membri oppure a strutture che accoglievano i movimenti per lo svolgimento dei corsi, seminari, conferenze ecc., il CAN ( Cult Awareness Network ) si serviva anche dei cosiddetti deprogrammatori… I metodi intimidatori utilizzati all’epoca dal CAN per criminalizzare tutti i gruppi, senza differenziazioni e l’uso strumentale che faceva della stampa utilizzata come vera e propria arma di aggressione, sono oggi motivo di imbarazzo per chi ne è stato testimone e che è ben felice di essersi lasciato tutto questo alle spalle. Studiosi autorevoli hanno affrontato nelle loro ricerche lo studio dei gruppi anti-sette e sono giunti alla conclusione che “è forse ora di pensare a gruppi di auto-aiuto non solo per gli ex affiliati alle sette, ma anche per gli appartenenti alle nuove “sette anti-sette” (Aletti 2008).
http://www.cesnur.org/2008/aletti.htm

D'altronde è banalmente evidente l’uso, soprattutto nel caso arkeon, del tentativo di generare un panico morale per fare pressioni per una nuova legge ad hoc.
http://www.cesnur.org/testi/panici98.htm
http://www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/introvignem287_288.htm


Nella postfazione del libro “Plagio” di Francesca B. edizioni Malatempora, il Ministro Antonio Di Pietro scrive:
“…Per questo motivo ritengo improcrastinabile l’approvazione di una legge sulla manipolazione mentale, che almeno andrebbe da un lato a cercare di impedire o a riparare lo specifico danno sulla persona plagiata, qualora, si spera, si riesca a dimostrare che ciò sia avvenuto, dall’altro a punire severamente gli artefici.
Sono stati proposti due disegni di legge, uno dell’ottobre 2002, un altro del novembre 2001. Con un po’ di buona volontà si potrebbe arrivare ad un accordo bipartisan che ponesse fine a quest’intollerabile assenza normativa. Credo che la politica, quella seria e responsabile, non possa più farsi da parte, invocando i pur sacrosanti diritti all’autodeterminazione degli individui; le persone deboli esistono, lo Stato deve prendere atto. E’ una fase delicata della vita della società che non ammette scuse”.
http://www.favis.org/libri.htm

E così si esprime Lorita Tinelli, nell’intervista rilasciata a Carla Liberatore, presidente Arcigay-ArciLesbica dell'Aquila:
"…C.L. – Ritiene che le leggi vigenti possano realmente tutelare le persone da queste psico-sette?
L.T. – Assolutamente no. Purtroppo dopo l’abrogazione del reato di plagio è rimasto un enorme vuoto legislativo, che non consente alcuna tutela per le persone che vengono turlupinate in maniera così sottile e spietata…".
ARKEON E I SUOI STREGONI 20-3-2010
http://www.improntalaquila.org/2010/03/20/arkeon-e-i-suoi-stregoni/

Quest’ultima intervista, e ancor più l’istanza di costituzione a parte civile del Comitato provinciale Arcigay Bari "Liberi di Essere Liberi di Amare" ripropone poi il problema di quale sia stato l’impatto della propaganda compiuta dalla Dott.ssa Tinelli intorno alla vicenda arkeon e quale sia soprattutto la scelta delle “alleanze” e dei "coinvolgimenti" che di volta in volta possano rivelarsi i più efficaci.
http://www.arcigay.it/arcigay-bari-parte-civile-nel-processo-arkeon
http://www.youtube.com/watch?v=YmD9ijofNRg

Lorita Tinelli afferma: “…Diverse sono state le coppie che sono state ritenute dai maestri del gruppo non idonee a stare insieme o al contrario giuste per formare una famiglia, anche se queste decisioni, prese dall’alto, potevano risultare dolorose da parte dei singoli. Diversi gli omosessuali indotti a sposarsi con eterosessuali…”
http://www.improntalaquila.org/2010/03/20/arkeon-e-i-suoi-stregoni/

Ora, nel massimo rispetto per le idee di ciascuno, trovo queste affermazioni di una violenza inaudita, come del resto l’intero articolo.

Ma soprattutto sono basate su un falso.

Perché, e questo non mi stancherò mai di ripeterlo, soprattutto le persone omosessuali hanno trovato in arkeon uno spazio di accoglienza, ascolto e di rispetto. E certo nel processo ne sarà dato atto, con la testimonianza diretta degli omosessuali stessi.
Non credo che nessuno abbia mai “imposto” a qualcuno altro di sposarsi. Tanto meno a persone omosessuali. Quello a cui ho assistito direttamente, è stato il fatto che le persone lungo il proprio cammino di vita si sono poste delle domande.
E così, come a me è capitato in qualche occasione di domandarmi se per caso non mi stessi nascondendo una possibile condizione omosessuale, anche qualche persona che si riteneva omosessuale, credo si sia fatta la stessa domanda, e cioè se forse non si stava nascondendo una condizione eterosessuale.
Niente di più, niente di meno.
Ognuno credo si sia poi dato le proprie risposte.

Tant’è che molte persone sono giunte ad arkeon da una condizione omosessuale e a distanza di anni in quella condizione sono serenamente rimaste. Ciò che forse, in molti casi, è cambiato in costoro è la coscienza, la qualità della loro relazione d’amore. Dove prima, in alcuni casi, poteva essere privilegiata la promiscuità, ora forse l’attenzione andava alla ricerca di una relazione che contenesse un percorso, un progetto condiviso d’amore.
E questo non diversamente credo dalle coppie eterosessuali.
Che questo sia un cammino impegnativo e certo non scontato, lo posso comprendere.

Agghiacciate trovo invece che una Psicologa come la Dott.ssa Tinelli, se ho ben capito, cerchi di strumentalizzare il dolore delle persone. Infatti sempre nella stessa intervista afferma:
“…Ulteriore testimonianza di un altro ex della Setta, in data 16/05/2009, 14:08, scriveva:
‘non ce la faccio più l’esperienza di questi due anni mi ha ridotto ad uno straccio sono arrivato anche a tentare due volte il suicidio con tanto di ricovero in ospedale reparto psichiatrico per disturbi della personalità nella disperazione dopo la fine di arkeon mia moglie mi ha lasciato dicendo che non mi aveva mai amato e che era stata con me solo per il fatto di far parte di arkeon io sono caduto in una depressione fortissima e in quei momenti di depressione ho preso l’hiv con dei rapporti omossessuali non protetti perchè prima di essere convinto del contrario da Moccia io ero omosessuale, scrivo non per cercare una via di fuga dalle mie eventuali responsabilità legali ma per offrirle un’ altra testimonianza su come certi metodi possono essere realmente devastanti. io come maestro di arkeon ho semplicemente ubbidito a quello che mi veniva detto dal Moccia e ho sempre creduto che il metodo che portavo avanti non avesse niente a che fare con la psicologia. non mi sono mai permesso di essere critico perchè chi lo faceva era tacciato e poi allontanato dal gruppo il resto lo conosce bene anche voi offro con questa mia la mia totale collaborazione perchè la verità venga a galla e finalmente non succedano più queste cose perché fanno troppo del male alle persone.:sick’
Spero che questa persona oggi abbia potuto finalmente trovare una sua serenità ed un suo equilibrio in quello che è il mondo reale…”.

Peccato che la Dott.ssa Tinelli si “dimentichi” di chiarire che la persona a cui lei fa riferimento e che ha rilasciato quella dichiarazione nel maggio 2009, è stata prima perseguitata dal 2006 insieme alle altre famiglie di arkeon da un accanita propaganda e persecuzione mediatica, poi nell’Autunno 2008, come ho già cercato di chiarire in un altro post, è stato indagato, pur innocente, per reati infamanti dalla Procura di Bari.
http://pietrobono.blogspot.com/2009/05/arkeon-e-la-verita-16-5-2009.html

Chi, in una situazione simile, non sarebbe andato in confusione o peggio?
Proprio di questo scrivevo nella mia comunicazione alla Fecris dell’Ottobre 2008 e anche in questi ultimi giorni.
http://pietrobono.blogspot.com/2008/10/presidente-f.html
http://pietrobono.blogspot.com/2010/03/arkeon-e-lincapacita-di-dialogo-degli.html

Le palesi distorsioni, anche istituzionali, sottese alla vicenda arkeon sono del resto sotto gli occhi di tutti.
http://pietrobono.blogspot.com/2009/07/arkeon-i-metodi-del-cesap-e-della.html
http://pietrobono.blogspot.com/2009/05/arkeon-e-i-nuovi-bravi-questo-studio.html

E’ ben evidente il fatto che la “macellazione” di arkeon si presta a molti usi.
Soprattutto quello di gettare gratuitamente fango.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/03/arkeon-quattro-anni-di-linciaggio.html

Ma torniamo all’intervista a Lorita Tinelli:
“…C.L. – La setta di Arkeon, fra le sue attività, si proponeva pure di guarire ragazzi e ragazze dall’omosessualità? Che metodi usavano per operare queste presunte guarigioni?
L.T. – Nei giorni scorsi la stampa ha riportato la storia di un imprenditore marchigiano che ha pagato ben 50 mila euro per la “guarigione” del proprio figlio dall’omosessualità. Purtroppo questa non è una storia isolata e mi sono state riferite storie analoghe anche dai diretti interessati, convinti all’interno dei seminari di essersi “ammalati” di omosessualità a seguito di un abuso subito nell’infanzia. Alcune di queste persone sono stati indotte a sposarsi, a generare dei figli e, quando l’incantesimo Arkeon ha smesso di agire si sono ritrovati soli ad affrontare la propria omosessualità, totalmente disorientati e con un senso di fallimento totale. Qualcuno non ha retto e ha tentato il suicidio…”.

Quante falsità tutte insieme.
La “setta”,guarire dall’omosessualità”, pure le sciocchezze, date dalla Tinelli per certe, del pagamento di 50 mila euro per “la guarigione del figlio omosessuale”.

L’unico “incantesimo” che riesco a vedere è quello che qualcuno ha cercato di costruire intorno alla vicenda arkeon, dando in pasto famiglie innocenti, per realizzare forse un proprio progetto di visibilità e di carriera. In altri casi, credo, per finalità di ritorsione.

Purtroppo la verità, che nessuno dice perché scomoda, è che proprio le persone che si occupano di tali tematiche, spesso si sono rese protagoniste di fatti drammatici.
Tra questi anche il “maestro” appunto di Lorita Tinelli.
http://www.aristoscana.com/documenti/1205/Maurizio.pdf
http://www.dimarzio.it/srs/modules/news/article.php?item_id=44

Provare a ragionare anche di queste cose, non sarebbe, secondo me, inutile.

Pietro Bono

IL CODICE ARKEON ? Antico come l’umanità 14-4-2010

Nel mare dei files che affollano disordinati il mio computer, ho ritrovato casualmente un post da me scritto un anno fa’. Lo pubblico ora perché in qualche modo legato al discorso che ho esposto ultimamente in un altro post.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-la-dinamica-maestro-allievo-e-la.html

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27-3-2009
Ieri era un anniversario particolare.

Scrive Raffaella Di Marzio:
“Un anno fa, il 26 marzo 2008, il mio Portale, SRS ( Sette, Religioni e Spiritualtà http://www.dimarzio.it/ ) veniva oscurato…”.
http://raffaelladimarzio.blogspot.com/2009/03/tasselli-di-esperienza-ottavo-tassello.html
Questo fatto, unito all’incessante stimolo delle cose lette su altri blog, mi invita a riflettere e a scrivere di cose che, per la loro delicatezza, preferirei evitare.
In questi casi mi sovviene sempre il verso di Alexander Pope: "...For fools rush in where angels fear to tread".
Che tradotto suona così: “...Ché gli stolti si precipitano là dove gli angeli esitano a metter piede”.
Verso che poi è stato adottato nel titolo dell’interessante libro scritto da Mary Catherine Bateson insieme a suo padre Gregory: “Dove gli angeli esitano - Verso un’epistemologia del sacro”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Gregory_Bateson

Ed è appunto di padri e di figli, di benedizioni, di ferite e di sacro, che vorrei provare a parlare.

Non ricordo teorie in arkeon. Però nell’esplorazione comune di tanti anni, ricordo tanti silenzi, tante domande, tanti abbracci, tanti volti, tante lacrime e tanta gioia condivisa.
Ricordo due giovani, uno di fronte all’altro, che si chiedevano scusa. Uno era israeliano, l’altro tedesco. E ciascuno si scusava con l’altro, in una valle di lacrime, per i fatti commessi dai propri padri e dai propri nonni. E soprattutto ricorderò per sempre quell’abbraccio, carnale, che non riguardava solo due persone finalmente pacificate da colpe forse ancestrali, ma che era gravido di una possibilità ben consistente: il dialogo e la pacificazione di due mondi, solo apparentemente separati.

Ricordo anche un canto. Il canto di un giovane tunisino che aveva lasciato la sua patria per divergenze politiche. In quel canto antico, tutti cogliemmo la bellezza di ciò che, pur diverso dalla nostra cultura, torna ad essere comune per tutti: la nostalgia per una terra, la terra delle proprie radici e dei propri antenati. Ma forse anche nostalgia di un luogo interiore.

Un altro episodio riguarda una giovane madre. Una persona che porterò nel cuore sempre. Di uno spessore, di una saggezza fuori dal comune. Per vivere faceva quello che viene definito “il mestiere più antico”, la prostituta.
Nel corso della frequentazione dei seminari si interrogò, forse. Alla fine decise di tornare nella sua patria, da sua figlia in sud America, per cambiare mestiere e prendersi cura della sua gente.

E che dire di quel giovane, incallito spacciatore, che durante il seminario, si allontanò repentinamente per qualche ora. Al suo rientro volle condividere che, riflettendo su quanto le persone avevano raccontato, aveva sentito l’impellente bisogno di correre da suo padre, per farsi dare il ceffone che sempre era riuscito ad evitare. Ma che tanto gli era mancato.
E il padre, all'originale richiesta del figlio, pare avesse esclamato: “Tutto qui?”. E a quelle parole pare avesse fatto seguire un sonoro ceffone. Liberando nel figlio un mare di lacrime, di tenerezza e di appartenenza, fino ad allora sconosciute.
Quel giorno, i consumatori di droga della sua città, persero un ottimo punto di riferimento.

Io chiamo tutto ciò “conversione”.
http://www.cesnur.org/2010/mi-conversione.html
Pare purtroppo che altri intendano chiamarlo di “abuso di professione”.
Sarei davvero curioso di conoscere la natura di questa “professione”.

Tra le cose che ricordo con più nitidezza e, devo dirlo, con nostalgia, era la cerimonia della benedizione. A quanti padri ho visto mettere le mani sul capo del proprio figlio o della propria figlia, presenti al seminario. E ogni volta era, anche per me, una nuova esperienza, un nuovo inizio, una nuova gioia.
Quanta bellezza assistere al lungo cammino di questi figli che, come me, dopo il tanto cercare di una vita, alla fine avevano trovato pace e la forza della fragilità, proprio attraverso quelle mani - è il caso di dirlo “benedette” - sul proprio capo. Quanta intimità e quanto senso di responsabilità in questo dare e ricevere.
E quale gioia inattesa, negli occhi di quei padri. Ripagati in quel sublime modo, dell’impegno e della dedizione di una esistenza intera.
E che dire della gioia e della fierezza di tante madri, nell’assistere a tale intimità.

Un’altra parola anche sentita negli ultimi anni era “ferita”.
A lungo abbiamo, ognuno in cuor suo, riflettuto su questo mistero.
Molte sono state le domande e le ipotesi, e credo molti i tentavi di risposta. Tanti quante le persone.
Dopo la forzata chiusura di arkeon, certo non è mancata l’occasione per interrogarsi, ancora su questo tema. Anzi.

Ciò che si è affacciato nella mia mente in questi ultimi mesi, è certo un pensiero strano.

Nell’Ottobre 2007, nel rispondere in un forum al commento di un mio omonimo, scrivevo:
26-10-2007
“Caro Pietro, provo a rispondere, perlomeno alla tua ultima domanda.
E’ vero, anch’io sono sicuramente entrato in arkeon con un grande bisogno affettivo.
Anzi dirò di più. Col senno di poi, posso dire che cercavo una “setta”.
Un luogo dove sentirmi finalmente accolto, dove compensare le mie frustrazioni, dove poter dare spazio alla mia voce, al mio pensiero, al mio anelito di giustizia, e così via.
E’ vero c’è stato anche per me una accoglienza rigenerante. Ma poi, che delusione.
Io che accarezzavo il sogno di essere al centro della platea, che finalmente potevo mettere a frutto una (credevo) consistente esperienza professionale, mi sono trovato in stò gruppo sgangherato dove al centro cosa c’era? Il rispetto per l’altro, per le persone, per il diverso da me. Ma, peggio ancora, la proposta, indecente, che attraverso l’altro io avrei potuto imparare.
Ma che cavolo me ne fregava a me degli altri? Ma che cavolo avevo ancora da imparare proprio io.
Che delusione anche in seguito. Tutto stò bisogno di verità, di integrità: nel proprio cuore, nelle relazioni, nel mondo. E che cavolo, avevo tutto da perdere. La realtà quotidiana mostra ben altre regole. La doppiezza, il compromesso, le bugie, la manipolazione, lo scambio di segreti, lo scambio di favori, il successo, la visibilità, le certezze, il potere, e così via.
Ma la delusione più grande è stata quando ho compreso che l’obiettivo del lavoro non era “stare bene nel cerchio”, ma essere nel mondo senza rinunciare ai valori che avevo toccato.
E che cavolo, ma allora mi volevano proprio male! Espormi, io, in questo mondo? Ma siete matti?
Poi in me, lentamente, è nata una sfida, una sfida con me stesso. E mi son detto: in fondo le regole del mondo già le conosco e a dirla tutta non è che mi hanno reso molto felice. Anzi.
E così eccomi qui.
In fondo che ho imparato in questi anni, dalle persone che ho conosciuto nei cerchi accompagnati dal lavoro di Vito? Bazzecole.
Che volete che sia il rispetto, il coraggio, la bellezza delle persone, la fede che questa bellezza possa sanare la distanza, dare un senso al dolore delle ferite, il sentirmi custodito e amato dalla vita, da Dio, nonostante le mie perplessità e le mie insicurezze, riascoltare ogni giorno nel mio cuore le ultime parole di mio Padre: “abbracciami ancora una volta , figlio mio…”
In tutto questo e concludo, caro Pietro, ho incontrato a onor del vero anche eccessi e piccolezze nelle persone, cose di comune umanità. Le ho incontrate soprattutto in me stesso.
Ma se mi domando ora cosa mi spinge a spendermi, per quel che posso, è proprio questo sentimento di sentirmi in debito con la vita, perché al di la della precarietà e della paura, che ben mi conservano umano, sento che dalla vita ho veramente avuto molto.
Questo mio passare dal bisogno di impormi, al bisogno di imparare e condividere, io lo chiamo “conversione”.
Se fossi nato secoli fa’, con tutta la sete di giustizia e tutta la severità che mi è connaturale, avrei fatto di per certo “l’Inquisitore”.
Ora mi trovo tacciato di appartenere a una setta. Certo che la vita è anche buffa.
Un abbraccio fraterno.
Pietro B
da Aduc http://dilatua.aduc.it/forum/tentativo+censura+fallito_3560.php

Per evitare equivoci, ho riportato l’intero mio post.
Ciò che qui mi interessa evidenziare è la ricerca di uno spazio di intimità, di uno spazio condiviso dove poter apprendere, da sè e dagli altri senza essere giudicati.
In molti l’abbiamo cercato. Io di certo.

Ebbene, la sensazione che ho è che alcuni di coloro divenuti repentinamente estremamente critici nei confronti di arkeon, fossero proprio coloro che in arkeon avevano cercato, non la condivisione di una ricerca, ma invece, in qualche modo una “setta”.
E, paradossalmente, per il fatto che non lo fosse, ne sono rimasti delusi e anche risentiti.
Tutto sommato, anche se a livelli ben diversi, il discorso non è molto diverso dalle motivazioni che forse spinsero Giuda a fare ciò che ha fatto.

Pietro Bono

lunedì 5 aprile 2010

LETTERA APERTA ALLA CHIESA DI SCIENTOLOGY©, di Luca Poma

Non conosco SCIENTOLOGY©.
Non condivido l'esaltazione, che ritengo inutile e fuorviante, di taluni suoi critici.
Apprezzo chi, con chiarezza e determinazione, conosce l'argomento e porta le proprie critiche ed il proprio contributo, in un'ottica di trasformazione e miglioramento.
Credo che ogni confronto chiaro possa essere sempre costruttivo.
Mi pare che il contributo di Luca Poma, vada in questa direzione.

Pietro Bono


LETTERA APERTA ALLA CHIESA DI SCIENTOLOGY©, di Luca Poma
http://www.dimarzio.it/srs/modules/news/article.php?storyid=218

Luca Poma, giornalista, capo ufficio stampa, consulente nel settore della responsabilità sociale d’impresa e della comunicazione di crisi, ideatore di «Giù le Mani dai Bambini®», scrive una lettera aperta a Ivan Veri, responsabile dell’Ufficio Affari Speciali di Torino della Chiesa di Scientology.

domenica 4 aprile 2010

Arkeon, la dinamica maestro-allievo e la paura della libertà 4-4-2010

Seguo sempre con molto interesse il blog di Claudio Risè.
http://claudiorise.blogsome.com/

E nell’ambito dell’interessante discussione seguita al suo articolo del 22 marzo, “Cosa c’è dietro alle sette” , devo dire che mi ha molto toccato il coraggio con cui Risè, a mio avviso, squarcia un velo di ipocrisia sul fenomeno.
http://claudiorise.blogsome.com/2010/03/23/p580/

Mi permetto, per evitare equivoci e fraintendimenti di riportare integralmente l’ultimo commento di Risè:
“Buonasera Klee, in realtà a me interessa riflettere sulle “ persone in stato di schiavitù psicologica”, e sul fatto che la gran parte di esse si trova in questo stato perché desidera ( per molteplici ragioni) essere posseduta da qualcuno/qualcosa. La cosa va ben oltre le “sette”, passa anche per le appartenenze politiche (quando diventano, appunto, apertamente “settarie”, ispirate a stili di radicale contrapposizione al nemico, su cui viene proiettato collettivamente “il male”), per arrivare a scuole di pensiero che si ritengono, appunto, depositarie di verità, anche etiche. Non parliamo poi delle lobby promotrici di cacce alle streghe per ragioni di concorrenza sull’ampio mercato degli ipocondriaci e degli ossessivi. Da questo punto di vista i 10 milioni di italiani non mi sembrano affatto una cifra impossibile: i “cervelli all’ammasso” sono probabilmente molti di più. Riguardo a questo desiderio, corrente nell’essere umano, di “avere un padrone”, ritengo (come dico nell’articolo) che le Chiese e organizzazioni portatrici di saperi “tradizionali”, vagliati nei secoli e accompagnati da conoscenze e credenze estese e antropologicamente vagliate, siano molto meno rischiose di “rivelazioni” o Maestri di fresca data. E’ vero che il Cristianesimo nasce dopo la morte (e Resurrezione, per i credenti) di Cristo, e vedendo la religione ebraico-cristiana come un corpus unitario, quella morte può essere vista appunto come una prova (già annunciata nell’Antico Testamento), dell’autenticità del maestro. Quanto ai contenimenti e riduzioni dei vari maestri praticati all’interno delle diverse Tradizioni (non solo la Chiesa cattolica), sono stati spesso accolti dagli stessi interessati appunto come “doni” iniziatici, e raramente si trattava di masochisti.
Non credo che cercare di ragionare su questo tema, senza poterlo risolvere, sia perché non si ha il potere ( giusto onere di chi lo desidera e lo ama), sia perché l’uomo vuole comunque padroni, e quindi si caccia sempre in questo guaio, anneghi ancora di più le vittime, verso le quali la mia solidarietà umana è altrettanto evidente della mia effettiva impotenza ad aiutarle. Il nominare la ragione ha comunque un effetto più salutare che il calpestarla. Claudio Risé
Comment by Redazione — March 29, 2010 @ 7:13 pm “
http://claudiorise.blogsome.com/2010/03/23/p580/

In questi anni di vivace confronto su arkeon, non ho mai avuto il coraggio di toccare questi aspetti.
Credo che ora si possa cominciare a parlare anche di questo, cioè di quello che Risè definisce “…questo desiderio, corrente nell’essere umano, di “avere un padrone”…”.
Per comprendere anche la vicenda arkeon, ritengo sia indispensabile affrontare tale vitale argomento.

Tra i momenti più divertenti in tanti anni di mia frequentazione dei seminari di arkeon, sono senz’altro da annoverare gli episodi in cui qualche persona, forse un po’ eccessiva, presentandosi per la prima volta ad un seminario chiedeva di poter conferire direttamente col “MAESTROOOO”.
Ricordo che in diverse occasioni veniva preparato immediatamente lo spazio per questo incontro che certo avrebbe… segnato la vita di questo potenziale “discepolo”. In qualche caso fu approntata una sorta di carrozzina per infanti, con copertina che a stento ricopriva un omaccione, tutto rannicchiato col ciuccio in bocca e un’aria beata.
Non vi dico l’espressione di coloro che forse contavano di incontrare finalmente in carne e ossa “un grande e profondo maestro spirituale”.
In altre occasioni agli aspiranti “discepoli”, veniva distribuita una foto del maestro a cui tanto anelavano: si trattava di una foto di Vito, credo fatta ad hoc, in cui era ritratto con una coppola in testa, gli occhi strabuzzati e un’aria, a dir poco, scanzonata.
Ma aldilà degli eccessi, va pur riconosciuto che molte persone, anche nel percorso di arkeon, hanno avuto enormi aspettative dal “maestro”.
Non a caso forse, molto dell’articolato percorso formativo per gli insegnanti di arkeon, era dedicato proprio a questo tema: le aspettative e le illusioni.

Anche a me, nella mia iniziale esperienza di insegnamento, sono accaduti simili episodi.
Ricordo un giorno di neve quando, inforcata la pala per liberare il passaggio per la mia auto, mi accorsi dell’espressione esterefatta di due miei giovani studenti che assistevano alla scena.
Come se un “maestro”, per definizione, non dovesse sporcarsi le mani.
O un’altra occasione in cui, una mia gentile allieva, arrivò tutta ossequiosa con un libro in regalo per me: “Ai piedi del maestro” di Krishnamurti.
Al che anch’io, desiderando ricambiare, le feci dono di un libro dal titolo assai più prosaico, ma forse contestuale alla sua situazione: “Come restare zitella”.
Per non parlare poi di situazioni ancora più consistenti.
Ebbi infatti al mio esordio nell’insegnamento di arkeon un affezionato allievo che insistentemente voleva farmi dono di sue proprietà. Prima una palestra e poi una sua incantevole casa di montagna.
Non è stato facile dissuaderlo dalle sue intenzioni senza ferirlo troppo.

Narro volutamente di questi simpatici episodi perché li ritengo significativi.
Da un lato l’esigenza di talune persone di idealizzare, quasi mitizzare, forse per proprie motivazioni personali, talune figure. Dall’altro la difficoltà, se non a volte un vero e proprio imbarazzo, da parte di chi riceve questa, come chiamarla, “proiezione” di non lasciarsi intrappolare in questo ruolo e di riportare una relazione nei binari di un comune e semplice percorso di crescita reciproca.

Nella prefazione di “Nuove religioni e sette”, il recente libro di Raffaella Di Marzio, Mario Aletti, presidente della Società Italiana di Psicologia della Religione, fa un interessante accostamento citando Winnicott che sosteneva: “Il bambino crea la madre che trova”; Aletti propone: “Il credente crea la religione che trova”.
http://www.dimarzio.it/srs/modules/news/article.php?storyid=207

A me verrebbe da affermare, in questo contesto, che “ognuno crea il maestro che trova”.

Come dice Risè, il discorso è certo più ampio: “…a me interessa riflettere sulle “ persone in stato di schiavitù psicologica”, e sul fatto che la gran parte di esse si trova in questo stato perché desidera ( per molteplici ragioni) essere posseduta da qualcuno/qualcosa. La cosa va ben oltre le “sette”, passa anche per le appartenenze politiche (quando diventano, appunto, apertamente “settarie”, ispirate a stili di radicale contrapposizione al nemico, su cui viene proiettato collettivamente “il male”), per arrivare a scuole di pensiero che si ritengono, appunto, depositarie di verità, anche etiche…”.

E non posso che concordare.

Anzi, per la mia esperienza, ho notato che proprio le persone che più hanno cercato per anni, invano, di trovare un qualche “padrone” in arkeon, poi si sono rivelate proprio quelle che, proprio in arkeon, ora vorrebbero vedere l’incarnazione del “male”.
Ciò mi fa domandare se non sia stato proprio il rifiuto, consapevole, di aderire ad una pericolosa richiesta di reciproca e assoluta appartenenza, che possa aver scatenato tanto livore e tanto risentimento.

Tutt’altro atteggiamento, mi pare, hanno avuto coloro che in arkeon hanno cercato un percorso di libertà.
Mi pare di cogliere che la costante di costoro sia stata l’attenzione posta più all’esempio ampio e variegato offerto dall’esperienza degli altri allievi, che un’attenzione spasmodica alla relazione col “maestro”.

Forse non è un caso che si arrivi a parlare di queste tematiche in concomitanza della Pasqua.
Non vedo esempio migliore di proposta di libertà che quella fatta dal Cristo:
“…4Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. 6E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! 7Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio…”. - Lettera di San Paolo ai Galati -
Quale proposta più esplicita di affetto e di libertà da ogni schiavitù?
Eppure mai come oggi, tale proposta, sembra venire contrastata.

Personalmente ho avuto paura della libertà per molta parte della mia vita. Anch’io come molti altri avrei voluto “padroni” che in qualche modo mi “proteggessero” da tale libertà, che in me generava ansia.
Ultimamente ho compreso che la paura di questo dono riguardava la “responsabilità” di amministrarla e più ancora la paura del “nuovo” verso cui, inevitabilmente, la libertà porta.
Con prudenza, con gioia e con spirito di servizio, mi stò autorizzando ad accogliere tale dono.
E ringrazio il percorso di arkeon e i tanti compagni di viaggio, per avermi aiutato a incontrarlo e a custodirlo.

Ritengo che un approfondimento di questa tematica non sia inutile.
Intanto i miei auguri a tutti per una buona Pasqua.

Pietro Bono