LA VERITA’ SU ARKEON - Sentenza (definitiva) “arkeon” di primo grado a Bari: nessuna “psicosetta”

Nelle Motivazioni della Sentenza, alle pagine 896 e 897 si legge:
“l’esito di questo giudizio ha sconfessato la sussistenza della principale e più grave delle accuse, costituita dall’essere Arkeon una “psico-setta”, ha portato ad escludere la sussistenza di uno stato di incapacità di intendere e volere per i partecipanti a qualsiasi tipo di seminario e di tecniche manipolatorie della mente, nonché di violenze di ogni genere poste in essere nei confronti di minori. In questo giudizio non vi è stata contestazione di reati fiscali ed è emerso che i costi dei seminari erano fissi e noti ai partecipanti. Il processo ha portato ad escludere la sussistenza dell’aggravante dell’aver indotto nei partecipanti il timore di un pericolo immaginario, come cagione giustificativa degli esborsi economici, nonché di quella del danno di rilevante entità e da questo è conseguita la ritenuta improcedibilità dei reati di truffa, con riferimento ai quali non era stata sporta alcuna querela da parte delle vittime…”

Registrazione audio integrale della Relazione di Raffaella Di Marzio: ORGANIZZAZIONI SETTARIE E ANTISETTARIE: STRUTTURE E DINAMICHE SIMILARI IN CONTESTI ANTAGONISTI - 12° Congresso Internazionale della Società Italiana di Psicologia della Religione (SIPR): "L'IO, L'ALTRO, DIO: Religiosità e Narcisismo" - Testo registrazione

Le Confessioni del "mostro nello specchio". Arkeon, Le Associazioni Anti-sette e l'Ordine degli Psicologi: Un'esperienza personale

The Confessions of "the monster in the mirror". Arkeon, the Anti-cult Associations and the Order of Psychologists: a personal experience

Movimenti Antisette e Neutralità dello Stato - Un caso di studio: la FECRIS

Nella sua conclusione Willy Fautrè mette in evidenza come associazioni membri della FECRIS, nelle nazioni prese in considerazione dalla ricerca, mettano in atto azioni discutibili

Sette, antisette, "setta degli antisette", aiuto e altre riflessioni - Simonetta Po

Persecuzione e campagne anti-sette: intervista a Raffaella Di Marzio - di Camillo Maffia


martedì 20 aprile 2010

Arkeon, "Chi l'ha visto" e la risposta a Davide 20-4-2010



Davide ha detto...
Gent.le signor Bono, non appartengo a Arkeon nè tantomeno al Cesap ma vorrei rivolgerle una domanda che mi sembra lecita, da persona della strada.
Ieri sera abbiamo visto in molti la trasmissione "Chi l'ha Visto?" dove si è parlato di Arkeon. Togliamo pure la figura della dott.sa Tinelli che non sa rispondere a nessuna domanda se non ergendosi a vittima; togliamo il fatto che c'è un processo in corso e quindi è inevitabile che ci si batta su due fronti opposti senza esclusione di colpi; togliamo anche la viltà e la bassezza con la quale sono state mostrate in pubblico immagini della confessione di un sacerdote che avrebbero potuto benissimo rientrare nel processo ma non diffuse in televisione a spregio della dignità di chiunque; togliamo alcune frasi avulse da qualsiasi contesto che possono significare tutto e nulla; togliamo l'appello ad avere altri testimoni, visto che probabilmente il Cesap non ne ha molti.
Togliamo tutto ciò.
Rimane un fatto: le immagini davvero pesanti del "no limits" e del seminario dove molti urlavano, si dimenavano e venivano trattenuti a forza. Con quale diritto in Arkeon si compie tutto questo? Con quale diritto si chiede alle persone di pagare fior di quattrini per sottostare a incontri simili? Non crede che anche queste forme di seminari possono rappresentare per alcuni forme di abuso e violenza delle quali chiedere conto ai vertici del gruppo? Spero in una sua risposta, visto che con questo post mi pongo in dialogo con lei e tutti voi. Grazie
20 aprile 2010 10.18



Gentile Davide,

le sue preziose e rispettose osservazioni al mio precedente post pongono quesiti fondamentali, a mio parere.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/04/arkeon-le-storie-di-atrocita-verita-o.html

Mi permetta intanto di osservare, sempre a mio giudizio naturalmente, che non è vero che ci si sta battendo su due fronti.
Lei comprenderà, credo, la sproporzione delle forze in campo.
Da un lato un gruppo sparuto di blogger scrivono autonomamente riguardo alla propria esperienza, prima e dopo arkeon.
Dall’altro lato c’è quello che lei, e come lei, molti italiani hanno visto, letto e sentito in questi ultimi quattro anni.
http://pietrobono.blogspot.com/2010/03/arkeon-quattro-anni-di-linciaggio.html

Ma vorrei utilizzare questo spazio per dialogare su quella che è la sua legittima domanda: “…Rimane un fatto: le immagini davvero pesanti del "no limits" e del seminario dove molti urlavano, si dimenavano e venivano trattenuti a forza. Con quale diritto in Arkeon si compie tutto questo? Con quale diritto si chiede alle persone di pagare fior di quattrini per sottostare a incontri simili? Non crede che anche queste forme di seminari possono rappresentare per alcuni forme di abuso e violenza delle quali chiedere conto ai vertici del gruppo?...”.

Forse la deluderò, ma la verità è che non ho una risposta.

Però, se lei ha un po’ di pazienza, vorrei provare a fare un discorso un po’ più complesso.
Naturalmente sono solo mie considerazioni personali. Per quello che valgono.

Io sono figlio di due contadini. Sono cresciuto in un paesino di campagna fin dagli anni sessanta.
Nel cortile le galline, qualche maiale, conigli, gatti, cani e compagnia bella.
Nella stalla tori, mucche e vitelli.

Ricordo che da bambino, e anche successivamente, ogni tanto arrivavano dalla città persone per fare la spesa da noi in cascina.
Chi le uova, chi del latte fresco, chi i formaggi, galline, conigli e così via.
Tornando in città volevano, è naturale, gli animali morti. Meglio ancora se spellati, o spiumati.
Per me era ordinaria amministrazione.
Per molti di costoro, un po’ meno.
Vedere sgozzare un gallo, col sangue (naturalmente raccolto in una ciotola, per fare il “sanguinaccio”) che schizza, l’animale che si dibatte annaspando, è, mi rendo conto, un’immagine comunque forte.
Nondimeno un coniglio. Sgozzato, spellato ancora fumante, poi squartato per ripulirlo delle interiora…
Non parliamo poi del maiale. Per il maiale c’era tutta una ritualità consistente. Tutto il borgo era in fibrillazione. E le garantisco, non è uno spettacolo da poco. Il sangue e le urla del maiale arrivavano ovunque.
Molto ci sarebbe da dire anche del parto delle mucche, spesso assai travagliato.

Indugio volutamente su questi particolari, diciamo così, più crudi, perché vorrei aggiungere un altro particolare.
Per ciò che vale la mia esperienza, i contadini hanno un grande rispetto per i campi e gli animali di cui si occupano.
In casa nostra, oltre alle foto dei famigliari ormai deceduti, ricordo solo la foto di due splendidi tori allevati da mio padre.
Questo per dire il rispetto, e anche un vero e proprio affetto per questi animali. E ognuno aveva il suo nome. Tutti quanti.
Mia zia chiamava per nome pure le galline. Qualcuno potrà non crederci, ma queste, se chiamate per nome, singolarmente accorrevano. Per me è ancora un mistero.

Eppure, in tutto ciò, quando era il momento, veniva messa la parola fine.
E mi creda, Davide, non c’era sadismo o gioia nel trafiggere questi animali.
Spesso c’era un anche un dispiacere vero e proprio.
Ma andava fatto. Perché tutto ciò aveva un suo senso, un suo significato.
Faceva forse parte di ciò che, nel bel cartone che ogni tanto rivedono i miei bimbi, viene chiamato “il cerchio della vita”.

Ci sarebbero un’infinità di esempi da fare.
Ma solo per ricordare una cosa banale, cioè che la vita, quella autentica, è un’esperienza “forte”. Sempre.
Ma che può, proprio nella sua sacralità, apparire crudele o peggio assurda.

Prendiamo la semina.
Il concetto è banale: prendo una manciata di semente, li spando nella terra, ricopro leggermente, et voilà! Il grano è seminato.

Due sono le considerazioni più banali che mi vengono, così su du e piedi.

La prima, è che c’è un investimento che potrebbe anche essere interpretato come un eventuale spreco.
Un tempo, credo fino a circa trenta-quarantanni fa’, si usava come semente il grano stesso. Parlo del grano tenero.
Fino al dopoguerra, mi dicono, la fame dalle mie parti era di casa. Decidere quanto grano seminare, significava per una famiglia rischiare di restare senza farina durante l’anno.
Non c’era da scherzare.

La seconda, è che osservare da un altro punto di vista, la scena della semina, può realmente apparire folle. Perché se io vado dopo qualche giorno a cercare il mio grano che ho affidato alla terra, troverò forse che questo seme si sta, in qualche modo deteriorando: cominciando a germogliare si svuota e pian piano si disgrega.
In buona sostanza il seme “muore”.

Tutto ciò è normale.
Ad osservarlo da vicino, può impressionare.

Cosa allora spinge il contadino ad “affidare alla terra” il suo grano?
Mi verrebbe da rispondere: l’esperienza e la fede.
E insieme a ciò anche la sua dedizione e il suo sacrificio.

Ora vorrei fare un salto indietro e tornare alla sua domanda, Davide.
“…Rimane un fatto: le immagini davvero pesanti del "no limits" e del seminario dove molti urlavano, si dimenavano e venivano trattenuti a forza. Con quale diritto in Arkeon si compie tutto questo? Con quale diritto si chiede alle persone di pagare fior di quattrini per sottostare a incontri simili? Non crede che anche queste forme di seminari possono rappresentare per alcuni forme di abuso e violenza delle quali chiedere conto ai vertici del gruppo?...”.

Tengo solo a chiarire, per chi non ne avesse fatto esperienza, che le immagini andate in onda, immagini acquisite dalla Digos dal sequestro del computer e dei materiali di Vito Moccia, e trasmesse in televisione in barba a ogni legge italiana, sono immagini che sono state girate durante un seminario residenziale della durata di circa cinque giorni, chiamato “intensivo”.
Il lavoro è, a mio giudizio, anche molto più forte di quanto un telespettatore possa soltanto ritenere.
E’ importante però, a mio avviso, riportarlo nel giusto contesto.
E anche non dimenticare che le persone inquadrate in quelle immagini erano, qualche ora dopo sedute al bar, a chiaccherare serenamente bevendo un caffè.

Intanto chi arrivava al seminario intensivo, normalmente aveva cominciato il lavoro di arkeon almeno da mesi, se non addirittura da qualche anno. Quindi pur non conoscendo forse nello specifico il contenuto, di certo sapeva che non era un passeggiata.
In secondo luogo quel seminario era strutturato per accompagnare le persone in un percorso.
Non pretendo che tutti condividano questo percorso. Così come non era un percorso per tutti.

Vede, io ho praticato l’alpinismo per diversi anni.
Se io prendessi dei filmati tratti dai corsi in cui ero istruttore e li montassi ad hoc, potrei benissimo far apparire quei corsi organizzati dal Club Alpino Italiano, come le peggio cose.
Le prove di caduta per gli allievi, come una violenza gratuita di una crudeltà inaudita.
Gli aiuti, in forma di spinte con le mani e di traini con la corda, come il mettere le mani addosso indistintamente a uomini e donne su natiche e quant’altro. Il tirare, l’allievo stravolto, con la corda, come una forzatura e un soppruso incredibili.
Un giorno io stesso ho minacciato col martello da roccia un alpinista che stava mettendo a repentaglio la vita di un’intera cordata di persone.
Mi immagino con quella scena del martello, filmata, tagliata e montata nel modo giusto, quali "storie di atrocità" si potrebbero ottenere…

Ma ancor più, sarei curioso di sapere cosa potrebbero pensare persone non addette ai lavori, se avessero avuto modo di vedere l’esperienza alpinistica, con annessi e connessi.
Una normale merenda durante i corsi trasformata, nell’ottica che sopra sottendevo, in un party alcolico, con bottiglioni di vino scolati a piena gola, urli, battute e riferimenti non proprio per collegiali, vanterie e provocazioni di ogni tipo.
Per non parlare poi delle salite più impegnative compiute tra cadute di sassi, una fatica immane, il senso della morte sempre incombente, il freddo, la fame e una compagna indissolubile, la paura.
Ho letto un giorno una calzante definizione dell’alpinismo: “i conquistatori dell’inutile”.
Per certi versi è realistica.

Ma c’è anche da considerare l’altro verso della medaglia.
Ed è il verso che spinge ogni settimana migliaia di persone a praticare anche questa disciplina.
E sono sia motivazioni generali, che motivazioni del tutto personali.

Tutto ciò per dire che le immagini andate in onda non sono la realtà.
E non la rappresentano soprattutto perché l’obiettivo pregiudiziale del filmato, così come quello della propaganda di questi ultimi quattro anni, è proprio quello di impedire, blindare la complessità della realtà di una esperienza, perché non possa essere di fatto conosciuta. Se non in una cattiva luce.

Se le immagini della mia infanzia a cui facevo riferimento, per assurdo, fossero state riprese, tagliate e montate in modo adeguato. Se fossero soprattutto state contestualizzate come metodi e modalità appartenenti a una qualunque “setta”, allora mi sento di garantire che il giudizio e l’impressione che se ne potrebbe trarre, sarebbe alquanto diverso.
Da scena agreste, il tutto passerebbe a essere un’agghiacciante esperienza, magari di stampo satanico.

Nella vita reale, non si passa da una scena in cui sono alla scrivania al lavoro, a quella successiva in cui, appeso su un abisso di cinquecento metri cerco di sfilare con i denti un chiodo dal moschettone, con le mani aggrappate ad un appiglio di un centimetro e i piedi in appoggio sul nulla; con la corda che tira maledettamente verso il basso, il vento che urla, senza poter vedere il compagno di corata per dirgli che la corda si è incastrata e che l’ultimo chiodo si trova pericolosamente piantato, sotto di me, a una decina di metri.

Nella vita reale esiste un percorso in senso geografico e uno in senso temporale.
Soprattutto uno che riguarda il senso e la progressione delle cose.
Ci vogliono anni e anni per riuscire a complicarsi, con soddisfazione (visto che sono ancora vivo), la vita in montagna nel modo che cercavo di descrivere.

Mi immagino altresì la scena di Abramo.
Guardo Isacco, un bambino, steso sulla pietra dell’altare improvvisato.
Vedo suo padre Abramo che leva la mano col coltellaccio pronto al fendente…

Credo possa essere chiaro a tutti, che vista fuori dal suo contesto, questa scena è semplicemente infernale.

Eppure Abramo, per quanto ne posso sapere, è considerato il padre indiscusso di tre tra le più diffuse tradizioni religiose: quella ebraica, quella mussulmana e quella cristiana.
E certo Abramo non è arrivato ad alzare quel coltello su suo figlio così, all’improvviso in preda ad un raptus di follia.
Come padre, non faccio fatica ad immaginarmi il tormento che lo ha accompagnato in quel tragitto.

Il percorso dell’intensivo era un percorso certo impegnativo, ma graduale.
L’ultima tappa di un cammino personale, di cui arkeon stesso è solo una tappa.

Le persone erano ben consapevoli di ciò che andavano a percorrere.
Nel “no limits” l’esperienza che si vive a occhi chiusi è totalmente libera, personale, intima.
Certo non è un’esperienza comune. Ma anche per una guida alpina, c’è stata certo “una prima volta” in cui ha fatto l’esperienza di una corda.
“L’altro” è importante, soprattutto perché mi permette di vivere e scambiare l’esperienza. Non diversamente da quello che accade in un esercizio di ballo in coppia.
Il “no limits” non ha nulla a che vedere con la connotazione “sessuale” a cui è stata, o potrebbe venire, assimilata.
Nell’esperienza del “no limits” ho compreso che era esattamente il contrario. E cioè che fino a quel momento avevo vissuto come col sentimento di attrazione-minaccia fisico a seconda delle persone che, nella mia vita, incontravo.
Solo lì mi sono accorto di quanto peso, nella mia vita avesse avuto il pregiudizio legato alla “fisicità”, alla connotazione di genere, all’età.
Nel “no limits” ho toccato, forse per la prima volta in vita mia, l’importanza e il rispetto di chi è per me “altro” in assoluto.
Certo questa è stata la mia personale esperienza. Ed è stato un lento percorso. E non credo sarà mai, per me, concluso.

La stessa cosa vale per tutti gli altri lavori proposti.

Naturalmente ognuno è libero di credere o meno a quanto ho affermato.
Così come ognuno può condividere o meno tutto ciò.
L'importante è comprendere che arkeon non era considerata "LA" via.
In montagna le "vie" sono infinite.
Ognuno si sceglie quella più consona alla proria natura, alla propria condizione e alla propria preparazione. Mantenedo la possibilità di cambiare strada, se insoddisfatto.

Un’ultima cosa prima di concludere questa, ormai oceanica, risposta a Davide.
Quando ripenso a quei seminari, non posso non assimilarli all’esperienza della nascita della mia primogenita in ospedale.

Ricordo i gemiti di mia moglie, il rispetto e le attenzioni del personale, la mia commozione per quanto stava accadendo. Era, per mia moglie e per me, la prima esperienza di questo genere. Eppure mi sembrava di conoscere quell’atmosfera, di bellezza e di sacralità, da sempre. E tutto mi è sembrato così “normale”, e insieme così “unico”. E tutto il sangue, il dolore, le preoccupazioni, i problemi, in quel contesto così specifico, non facevano che sottolinearne la “normalità” e insieme la peculiarita di un miracolo antico che si ripete, uguale e nuovo ogni volta.

In questa patina spessa di ipocrisia e di perbenismo in cui siamo spesso avviluppati, di modelle anoressiche e adolescenti su ogni rivista patinata, di canoni di bellezza imposti da non si capisce chi, da modelli interpretativi e scuole psicologiche di ogni genere e tipo, da un’orgia mediatica cieca e sorda alla realtà, credo che un po’ di semplicità e di normalità potrebbe forse giovare.

Non è un caso se, come nel filmato si riesce magari a stento a cogliere, una persona proprio in tale percorso trova il coraggio per riconoscere, senza sentirsi giudicato, la verità e insieme anche le umane contraddizione della propria vita. Per andare oltre.
Ce ne fossero di persone come lui che con coraggio, dopo aver attraversato forse nella propria esistenza tanti inferni dell’anima, trova il coraggio per dire: “ebbene, io sono stato anche questo…”.
La forza di mostrarsi nudo. Per rinascere e darsi una nuova opportunità.

Duemila anni fa’, in un’occasione simile, qualcuno aveva detto queste parole: “…Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra…”. Vangelo: Gv 8,1-11
In arkeon, questa informazione era data per assimilata.
Anzi il coraggio di rivelarsi di uno, diveniva lo stimolo per il suo vicino.
Per crescere insieme. Per ritornare umani.

Ieri abbiamo visto tutti che, a differenza persino degli Scribi e dei Farisei, Lorita Tinelli del CeSAP e altri come lei, quel sasso lo hanno lanciato senza problemi.

La cosa interessante, come riportato nel Vangelo, è il fatto che quella donna fosse stata “sorpresa” in adulterio.
Qui un uomo, a cui va il mio massimo rispetto, sì è "confessato spontaneamente", seduto in seizà, senza remore davanti a coloro di cui aveva imparato a fidarsi.
“…Ho provato a risolvere i miei problemi in tutti i modi. La mia vita… è stata un conflitto, è stata una croce…”.
Per questo è stato “linciato” in un modo così volgare in televisione.
Non per le cose che ha detto.
Ma proprio perchè ha detto la verità. Perchè la verità "rende liberi".

Non sanno, coloro che hanno fatto ciò credendo di fargli del male, che, se ne esce vivo, lo hanno reso completamente libero. Per sempre.
E che tanti uomini ieri vedendolo lo avranno profondamente invidiato per il suo coraggio di dirla, la verità. Per tornare a essere intero e vero.
Solo così forse sì è in grado di “accogliere” l’amore nella propria vita.
Altrimenti finisce che lo si “pretende”. Ed è tutta un’altra cosa.

Non so' quanto io possa aver chiarito o meno le cose. Comunque grazie ancora, Davide, dello stimolo.

Ho visto solo ora un bel post di Fioridiarancio in proposito e lo segnalo.
http://fioridiarancio.wordpress.com/2010/04/20/il-codice-arkeon/
http://fioridiarancio.wordpress.com/2010/04/21/arkeon_e_l_intimita_violata/

Pietro

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Salve Pietro,

ho letto il suo post tutto di un fiato. E' semplice, bello, vero e disarmante al tempo stesso.

Le metafore che ha utilizzato sono comprensibili per chiunque.

La sua continuità e cocciutagine nel difendere la 'verità' - in ogni luogo sul web - mi ricorda la protagonista del film “Changeling” da lei citato in un post tempo fa.

Non sempre ciò che appare è 'vero' e spesso purtroppo ciò che è 'vero' non appare o ha poca visibilità.

Spero e prego che presto venga il tempo della VERITA' con la V maiuscola.

Non mi riferisco ai processi e alla verità stabilita da uomini o da giurie.

Parlo della verità che dovrebbe albergare nei cuori di chi si definisce 'umano'.

Le dico la mia impressione sulla trasmissione di ieri sera su RAI 3.

Credo che questa trasmissione sia il punto più alto della parabola della Tinelli. La trasmissione più cruda e 'non veritiera' in senso assoluto e spero e credo sia l'inizio della discesa di colei che ha voluto costruire la sua fortuna sulla sofferenza di altri che nemmeno conosce.

Non la giudico, non ne vale la pena, è una persona davvero povera "dentro" a mio avviso.

Forse avrebbe dovuto avere una infanzia 'felice' e spessa come la sua. Magari in campagna accanto ad animali e persone vere.

Temo che così non sia stato e oggi molti soffrono a causa delle sue fobie ed ossessioni.

La leggo sempre assiduamente e con piacere. Mi raccomando "non molli la presa" (per usare un termine da rocciatore).

Franco

Anonimo ha detto...

Il post è molto bello, Pietro. Il paradosso è che un percorso di verità come Arkeon, anzi di sincerità, intesa non come messaggio dall'alto, ma come possibilità di raccontarla tutta, di svuotare il sacco, di non doversi proteggere sia attaccato attraverso la più smaccata menzogna, dove la gara diventa anzi a chi la spara più grossa (e all'ex di ieri si piazza indubbiamente bene), certo di essere creduto ed acclamato. La verità rende liberi. La battaglia contro Arkeon è prima di tutto una battaglia contro la libertà - ma non le libertà, ma contro la libertà di essere se stessi insieme agli altri.
Ciao
S&P

Anonimo ha detto...

Che bella immagina che hai trovato. Credo che lenisca almeno un pochino la ferita alla verità e alla compassione umana inferta ieri sera. E come tu dici, diversamente persino di scribi e farisei, c'è chi di sassi ne lancia, eccome.
Bellissimo post.
A presto.
Fioridiarancio

Pietro Bono ha detto...

@ Franco: non sono un veggente e non posso sapere perché la Dott.ssa Tinelli si comporti nei modi che abbiamo visto. Sinceramente non mi riguarda molto. Spero invece che la Dott.ssa Tinelli possa comprendere, presto o tardi, che il suo non è l’unico punto di vista. E che c’è spazio per tutti: per lei e per tutti i suoi colleghi. Credo che, chiarito questo, anche lei possa continuare nel suo cammino, dovunque la possa condurre.
Devo farle una confidenza Franco. Oltre a non essere affascinante come Angelina Jolie, devo dirle che da bambino anch’io avevo le mie preoccupazioni. Chi mi ha salvato sono stati i vitelli e i gattini della cascina. Quando ero infelice andavo nella stalla, nel recinto dei vitellini piccoli e raccontavo loro le mie pene. Poi coi gattini ricominciavo a giocare. E se proprio ero arrabbiato con qualcuno, allora prendevo il tridente, che era più pesante di me e gettavo il letame addosso a qualche mucca. Mucca che continuava a ruminare impassibile.
Come vede anch’io ho il mio bel passato da “gettatore di letame”.
A pensarci bene, quello dei vitelli, di raccogliere le mie confidenze, non è che per caso era assimilabile al reato di “un abuso di professione psicologica”?
Mi ha fatto venire un dubbio.
Riguardo al suo invito di “non mollare la presa”, che posso dirle? Solo che un buon alpinista deve imparare quando è il momento di lasciare la presa. Imparare a cadere è uno dei fondamentali dell’arrampicata. Accettare i propri limiti e anche i propri errori è fondamentale per apprendere, per migliorare, e soprattutto per gioire anche in montagna.
Grazie del suo contributo.

@ S&P e Fioridiarancio: anche in fatto di post, ho avuto degli ottimi maestri.
Grazie e un abbraccio a voi e alle vostre famiglie. Chiunque voi siate…

Pietro

Anonimo ha detto...

Caro Pietro, ho sempre piacere di leggerti e anch'io ho letto tuo post tutto d'un tratto !

Ieri sera oltre i filmati di Chi la visto e che come al solito le ho trovete tristi per come ancora costruite e come dici in barba alla privacy delle persone e in specifico i bambini !!!!!....ringrazio oltre lo spavento e l'emozione forte di ieri sera, il fatto che ho mantenuto la calma e preso decisioni sull'attimo, quando ho visto l'amichetto di mio figlio insanguinante, con un taglio profondo sull'occhio e preso e portato al ospedale vicino (20'), tra trafico, nonna (paura della macchina) e il bambino sotto shock, in compagnia dei miei. Ora potevo chiamare l'ambulanza, i carabinieri e trovarmi in mezzo al chiaccherio e panico completo e ho agito come ho imparato nei sport e vita, andare oltre le mie angoscie e paura e agire.....oggi lui stà bene e rimane in ospedale e la notte mi sono lasciata lo spavento, la responsabilità e quant'altro uscire, per poi avere una telefonata con la madre gioiosa e con buone notizie questo mattino presto.....suo figlio "mamma dov'è A.! Voglio gocare", A.: "Andiamo e portiamo un Gormito gigante mammma !" Vogliono ancora giocare e ridere insieme !.....mi hanno confidato che "sono amici x la pelle".
Un abbraccio !

Unknown ha detto...

Pietro vorrei condiverti quanto sono orgoglioso della passione e dell'impegno che ci metti a dire la tua su Arkeon e a rispondere colpo su colpo ad ogni badilata di fango. Indipendentemente dal trovarmi d'accordo sulla totalità delle cose che dici è ammirevole la tua costanza. Mi complimento. Un mio piccolo contributo, per essere uno che ha VOLUTO fare l'esperienza dell'elemosina: venti minuti, seduto con un piattino davanti, vicino all'uscita di una Chiesa di Ostuni, mi sono bastati per capire che era tutta la vita, che chiedevo l'elemosina, per avere un po' d'amore e una briciola di riconoscimento. Venti minuti per decidere: "mai più" e per raccogliere due Euro e settanta centesimi, che tengo ancora conservati. E' una cosa che è servita, ed è servita a me in quel momento della mia vita e sempre sarò grato di averla vissuta. Un abbraccio. Riccardo.

Piero ha detto...

ciao Pietro, ancora commosso dai tuoi articoli, ho saputo appena adesso del tuo sciopero della fame. Nel mio piccolo ti e vi sono vicino, con tutto il cuore. Ho passato un tempo in questi ultimi quattro anni in cui mi pareva semplicemente assurdo ciò che stavamo vivendo e l'unico desiderio era cavarmene fuori ma ancora una volta, dalle tue parole ho tratto un ulteriore insegnamento, un ampliamento dell'osservazione del quadro. Padre Angelo, gli "undici", la gogna mediatica. L'esperienza della vita è la cosa più stupefacente dell'universo e solo dopo essersi scrollati di dosso le reazioni automatiche, reattive come fossimo componenti chimici o elettrici, solo allora si rivela l'intelligenza umana, quella scintilla che ci accomuna a Dio, coscienti o meno. Solo un grazie a te, Pietro, fratello di vita.
Piero

Bibiana ha detto...

Solo un Grazie infinito, da chi a vissuto nella pelle tutti i seminari Arkeon. Una sperienza meravigliosa che ringrazieró Dio fino all'ultimo giorno un questa terra. GRAZIE, PIETRO, PER ESSERCI.